Cronaca

“Brandi dovrebbe essere dimissionato per motivi etici prima ancora che politici”

Il capogruppo di “Realtà Italia” al Comune di Bari, Alessandra Anaclerio, nel corso dell’ultima seduta di consiglio comunale ha chiesto al rappresentante in giunta del suo stesso partito, Vincenzo Brandi, di dimettersi dall’incarico perché, non rispondendo più né a Giacomo Olivieri, leader del movimento civico in cui era stato eletto in consiglio comunale e che lo aveva indicato al sindaco Decaro per quel ruolo, né tantomeno al gruppo politico di emanazione, politicamente non è chiaro a che titolo continui a far parte di un esecutivo in cui la sua presenza non è sicuramente tecnica (infatti, aveva sottolineato Anaclerio: “il suo nome non è stato scelto dal sindaco perché tecnico e idoneo professionalmente a rivestire il ruolo che oggi ha”), ed a quanto pare, però, non è più neppure politica, visto che a nutrire dei dubbi sull’ancora appartenenza di Brandi al movimento politico di Olivieri è addirittura il capogruppo di quel partito, oltre che evidentemente lo stesso Olivieri, che sulla sua pagina personale di Facebook (ma che probabilmente è anche politica) da settimane ha scritto che dell’assessore Brandi non ha notizie da più di due mesi. Ma a parlare ed a ritenere opportune le dimissioni dell’assessore al Patrimonio della giunta Decaro, nonché vice sindaco, non sono soltanto i rappresentanti della stessa lista civica che alle amministrative del 2014 lo ha candidato, portandolo in consiglio comunale, ma sono soprattutto molti cittadini baresi che il  27 maggio scorso, leggendo il quotidiano “Epolis-Bari”, hanno appreso che un cittadino (Giovanni Tanese) con tanto di bollettini alla mano (e pubblicati dallo stesso giornale) aveva clamorosamente smentito l’assessore Brandi che, essendo stato nel luglio del 2015 il proponente del raddoppio con efficacia retroattiva da gennaio dello stesso anno del canone per il servizio di illuminazione delle lampade votive presenti nei cimiteri baresi, a seguito delle proteste dei tanti contribuenti che ritengono esagerato e, quindi, vessatorio l’aumento senza giusta causa praticato da Comune a favore del concessionario privato del servizio, la cooperativa Ariete srl, aveva dichiarato che il costo di tale servizio non era aumentato da ben 19 anni. Ma ancor più grave dell’inesattezza dichiarata (che potrebbe essere meglio definita come bugia, vista la prova documentale apparsa su “Epolis-Bari”), per Brandi, è l’affermazione a chiarimento di detta smentita fatta dall’assessore barese al Patrimonio della giunta Decaro che il giorno successivo, il 28 maggio u.s. attraverso lo stesso quotidiano, ha ribadito che in 19 anni il canone delle lampade votive non era stato aumentato e che a determinare gli aumenti evidenziati da quel cittadino erano stati gli incremento di Iva verificatosi nel periodo 2000-2010 per il quale erano stati mostrati incrementi di costo progressivi che vanno da 3,80 Euro del 2000 a 9,50 del 2010. Ovvero quasi una triplicazione del canone che, con tutta evidenza, non è assolutamente compatibile soltanto con presunti aumenti di Iva, altrimenti significherebbe che la sola imposta sarebbe pari ai 2/3 del costo imponibile del canone. E come dire che, secondo Brandi nel periodo 2000-2010, l’aliquota Iva per le lampade votive sarebbe passata dal 20% al 200%. Ma, a parte l’assurdità ed il paradosso del chiarimento dato, è stato pure rilevato, sempre da coloro che sono rimasti sconcertati ed allibiti da “gaffe” o “bugie” così clamorose che, tra l’altro, nell’arco temporale dal 2000 al 2010 non c’è stata alcuna variazione di aliquota Iva. Infatti, basta consultare l’apposito sito dell’Agenzia delle Entrate o quelli specializzati di qualche Organizzazione professionale, tipo la Cgia di Mestre, per accertarsi che tra il 1997 ed il 2011 in Italia l’Iva è rimasta invariata per il servizio di illuminazione lampade votive e solo nel 2011 c’è stato un primo incremento Iva dell’1% ed un’ulteriore 1% nel 2012. Quindi, il secondo tentativo dell’assessore Brandi di mettere – come si dice a Bari – “una pezza a colori” ad una sua prima clamorosa “inesattezza” è sicuramente ancor più grave, perché non fa altro che aggiungere altra ancor più clamorosa “inesattezza”, o a voler essere forse più puntigliosi  “bugie” su “bugie”, che – sempre a detta degli stessi cittadini – sono “sicuramente un’offesa all’intelligenza ed al buon senso della collettività barese”. Infatti, proseguendo con i commenti di altri cittadini ancora, è possibile ascoltare: “Se è questo il modo di operare e comportarsi di un amministratore pubblico già per una vicenda di piccola portata (ndr – ma non per importanza), qual è quella dell’incremento di costo dell’illuminazione votiva, allora a Bari ci sarebbe davvero poco da fidarsi dell’attuale Amministrazione barese per altro genere di dichiarazioni o vicende”. Per cui, è comprensibile quanto sostenuto da alcuni baresi che, dopo aver appreso la recente richiesta delle dimissioni dell’assessore Brandi per motivi politici da parte del suo stesso partito, Ri per l’appunto, hanno esclamato: “Brandi, alla luce di certi suoi provvedimenti amministrativi e conseguenti spiegazioni alla città, dovrebbe dimettersi per motivi etici prima ancora che per fatti politici!”. E come dar torto a questi cittadini in presenza di tanta superficialità e sciatteria amministrativa da parte di chi, invece, sotto l’aspetto della schiettezza dovrebbe comportarsi in modo leale e trasparente con i cittadini, evitando almeno di non offenderne l’intelligenza, oltre che possibilmente non vessarli più del necessario, vista la già pesante situazione di crisi generale che affligge le famiglie e, in particolare modo, quelle socialmente ed economicamente più vulnerabili. In altri contesti più seri, infatti, ad inchiodare l’assessore Brandi alle proprie evidenti responsabilità e, quindi, a dimissionarlo per le “gaffe” o “bugie” sul canone inalterato da 19 anni e sull’inesistente aumento Iva, ci avrebbe pensato probabilmente colui che in quel ruolo lo ha chiamato per ragioni politiche e non tecniche, così come precisato dallo stesso partito che lo ha indicato. Però, nella “Bari per bene” dell’era Decaro è impensabile che questo possa verificarsi, se non per ragioni politiche e non certamente etiche. Infatti, non c’è nulla di cui da meravigliarsi se alcuni cittadini fanno di tutta un’erba un fascio nel loro giudizio sull’amministrazione barese e tramutano per questa città, in senso ironico, lo slogan della “Bari per bene”  (ndr – del ministro Maria Elena Boschi) in “Bari per bulli”.

 

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 14 Giugno 2016

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