Cronaca

Bridgestone e i licenziamenti, una “maledetta” storia infinita

 

Ecco un’altra vertenza infinita a Bari, di quelle che si trascinano tra alti e bassi con le parti sempre in contatto per uscire dal solito, maledetto tunnel dei licenziamenti o tutt’al più degli aiuti e casse integrazioni di Stato. Ora c’è chi torna a disperarsi, con la notizia diffusasi ieri della conferma della volontà della direzione della Bridgestone di procedere con la messa in mobilità e quindi di procedere con i licenziamenti di 66 lavoratori ci lascia interdetti e crea in noi una forte rabbia. E Michele Rizzi, già candidato alla guida della Regione con i Comunisti Italiani, non le manda proprio a dire: <>. Parole pesanti, che però non debbono trarre in inganno. Ricordato questo, difatti, Alternativa comunista e il suo ‘leader’ Michele Rizzi da sempre hanno rifiutato l’accordo del 30 settembre 2013, firmato dai sindacati di fabbrica e rifiutato dal Comitato del No dei lavoratori in lotta, ritiene che queste procedure di mobilità avamposto dei licenziamenti vadano bloccate perché i ricatti aziendali non devono vincere sulla dignità  e la vita dei lavoratori e delle loro famiglie. E quindi, cosa succederà? <>, la sfida di Rizzi, che non mollerà certamente la presa, per cui presto torneranno in piazza con bandiere e striscioni gli operai della Bridgestone allo stabilimento di Modugno. Un’azienda che si era impegnata a produrre nello stabilimento pugliese tre milioni e mezzo di pneumatici all’anno, a cominciare da quest’anno, ma che adesso innesta subito la retromarcia. Eppure poco più di due anni fa era stato sottoscritto un accordo tra il ministero dello Sviluppo economico, i responsabili italiani Bridgestone, sindacati e istituzioni locali, per scongiurare la chiusura dello stabilimento. Un accordo che aveva previsto la riduzione del salario per i dipendenti con il taglio della contrattazione di secondo livello e del premio di risultato ed un piano di mobilità incentivata che doveva convincere un bel po’ di dipendenti a lasciare la fabbrica, dopo i 377 esuberi annunciati nel 2013. Ora siamo punto e a capo, anzi peggio…

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 19 Gennaio 2016

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