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Bufera Sanitaservice: “Dov’è finita la sicurezza del lavoro?”

Continua la bufera mediatico-giudiziaria della Sanitaservice, l’azienda in house acapitale pubblico controllata dall’Als di Bari, Foggia e Lecce che ha ‘internalizzato’ i lavoratori della sanità pubblica impiegati in aziende private a contratto. Dopo il suicidio del manager Massimo Novelli, varie vicende giudiziarie hanno coinvolto manager e amministratori della società a capitale pubblico. Poi il pericolo di chiusura costituito dal decreto sulla spending review del governo Monti e le accuse di comportamento antisindacale sempre a carico della dirigenza; ora i sindacati non mollano la presa, e chiedono che lo Spesal (Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro) esegua controlli approfonditi sul rispetto delle norme di sicurezza previste dal decreto legge 81 (D.Lgs.81/08 e s.m.i.), a tutela della sicurezza sul luogo di lavoro. Nel mirino l’amministratore unico di SanitàService Asl Bari, Felice De Pietro, accusato dai sindacati di ‘predicare bene e razzolare male’.  Il sindacato, nella persona di Vito D’Alano, responsabile regionale UTL (Unione Territoriale del Lavoro) e coordinatore sanitario regionale del sindacato UGL (Unione Generale del Lavoro), pone una serie di interrogativi alla dirigenza Sanitaservice con l’intento di svelare quello che i sindacati ritengono essere seri problemi nel sistema di prevenzioni infortuni sul lavoro dell’azienda pubblica.  “I problemi su cui il sindacato vorrebbe avere chiarimenti – spiega D’Alano – riguardano la formazione del personale per quanto riguarda la sicurezza del lavoro, come previsto dal decreto-legge 81. Vorremmo inoltre avere chiarimenti sulle visite di medicina preventiva: sono espletate, come si dovrebbe, attraverso una chiamata per iscritto e con un minimo di giorni di preavviso? Chiediamo ulteriori delucidazioni da parte della dirigenza soprattutto per quello che riguarda le misure di prevenzione dei rischi da stress di lavoro correlato, e, per farla breve, informazioni chiare sull’elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e sulle modalità e prestazioni con cui essi  adempiono ai propri compiti di supervisione”.  Interrogativi, quelli sollevati dai sindacati, che vedono ancora una volta al centro la società in house creata dall’Asl per assumere e gestire direttamente il personale impiegato nei servizi sanitari di ausiliariato, pulizie e portierato prima affidate a ditte private, sin dalla sua creazione viziata da problemi di vario genere. Entrata a pieno regime lavorativo solo nel mese di maggio, la sua creazione è stata al centro di una bufera politica e di un’estenuante lotta portata avanti per tutto l’inverno dai lavoratori che reclamavano l’assunzione diretta a fronte di un conclamato risparmio per l’Asl: le ditte private esigevano costi superiori a quelli dovuti attraverso una gestione pubblica dei lavoratori. Questi ultimi, inoltre, premevano per diventare, di fatto, dipendenti Asl, dopo anni di lavoro nelle strutture sanitarie ma gestiti da terzi, con tutti i benefici di condizioni di lavoro migliori ed una maggiore stabilità del posto di lavoro. Il processo, così definito di “internalizzazione”, era stato deciso dalla Regione Puglia attraverso la legge numero 4 del 2010, poi impugnata dal governo centrale che ha sollevato il sospetto di incostituzionalità di fronte alla Corte competente.  La sentenza della Consulta, arrivata a marzo, al termine del lungo braccio di ferro tra Bari e Roma, ed in particolare tra il ministro dell’economia, Giulio Tremonti e il governatore della Puglia, Nichi Vendola, aveva in parte frenato il processo d’internalizzazione dichiarando illegittime le assunzioni a tempo indeterminato da parte delle Asl pugliesi. L’interpretazione della sentenza ha poi chiarito che nessuna regionale poteva stabilire che tipo di contratto applicare ai lavoratori assunti (ed imporre così il tempo indeterminato), per cui in primavera il processo di internalizzazione si è concluso a buon fine per gli operatori sanitari pugliesi in agitazione sindacale. Non senza ulteriori problematiche, evidentemente…  Il suicidio del giovane dirigente, Massimo Novelli, le indagini sull’amministratore unico della Sanitaservice, Antonio Di Biase, facente capo alla Asl di Foggia per peculato d’uso continuato (Di Biase avrebbe fatto uso reiterato di un’autovettura di proprietà della Sanitaservice di Foggia), e le recenti polemiche per condotta antisindacale a carico dell’amministratore unico di Sanitaservice Asl Bari, Felice De Pietro, per una questione legata alle divise indossate dagli operatori sanitari (De Pietro avrebbe affittato le divise anziché acquistarle, gravando sulle spese pubbliche con rate mensili, e poi c’è la questione delle “divise mai lavate”, come denuncia il segretario del sindacato Uil Fp, Francesco Liuzzi); tutte vicende che continuano a gettare ombra sull’operato della Sanitaservice, un’azienda pubblica creata per risolvere la situazione precaria di molti lavoratori, per risparmiare preziose risorse economiche riportando nel pubblico i lavoratori (e meno male che la privatizzazione faceva risparmiare!), “per portare voti nelle urne di Vendola, durante il periodo delle elezioni regionali del 2010”, affermano le malelingue, ma che continua a creare polemica, lontana da quella che dovrebbe essere una gestione equilibrata della Sanità Pubblica. Ma questo, in Italia, è normale…

 

Mirko Misceo 


Pubblicato il 25 Luglio 2012

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