Cultura e Spettacoli

Busa, vedova pietosa

Boccaccio non scrisse solo il Decamerone. Tra il 1361 e il 1362 compose un’opera in lingua latina, ‘De claris mulieribus’, che raccoglie le biografie di 106 donne famose. Il sessantanovesimo capitolo s’intitola ‘De Busa canusina apula muliere’. Di questa donna di Canosa il Boccaccio apprende da un passo dal Libro XXII della maggiore opera di Livio, ‘Ab Urbe condita’ : “Quelli che avevano cercato riparo a Canosa, e che dai Canosini avevano avuto soltanto alloggio entro le mura e nelle case, furono da una donna pugliese di nome Busa, insigne per nascita e per ricchezze, sovvenuti di abiti, di frumento e anche di denaro; e per tale sua munificenza il Senato, a guerra finita, le tributò grandi onori”. L’epoca dei fatti è il 216 avanti Cristo, i rifugiati di cui si parla sono i resti dell’esercito romano sbaragliato da Annibale a Canne. Si immagini la scena : migliaia di uomini in condizioni critiche bussano in massa alle porte della città. I Canosini, che per tutta la durata dell’epico e vicinissimo scontro sono rimasti asserragliati, non sanno che partito prendere. Accogliere quella massa di fuggiaschi potrebbe esporli alla vendetta dei cartaginesi. D’altra parte a guerra finita Roma potrebbe accusare Canosa di ‘omissione di soccorso’… Alla fine i canosini adottano una condotta prudente : Aprire le porte e offrire solo alloggio. Ciò, calcolano, non dovrebbe esporli all’ira di nessuno. Ma c’è chi la pensa diversamente. Toccata dallo spettacolo desolante di uomini in buona parte feriti, esausti e a digiuno, Busa, una matrona,  opta per la linea ‘umanitaria’. Sicché, oltre quelle di casa, apre anche le porte della dispensa, manda in giro i servi a comprare altro cibo, chiama a raccolta tutti i chirurghi di Canosa. Una volta allontanatosi Annibale, Busa completa l’opera fornendo i sopravvissuti dei mezzi per tornare a Roma ; il che significa non solo mettere a disposizione indumenti, come dice Livio, ma pure calzature, cavalli, carriaggi… in altre parole, sesterzi a profusione. Di qui, a guerra finita, la gratitudine di Roma. Chi era Busa? Probabilmente una vedova, una ricca ereditiera. Diversamente, Livio avrebbe parlato di un patrizio facoltosissimo, ‘pietoso’ e di esemplare sentimento romano. Così era ai tempi della Roma repubblicana, le donne maritate più che comandare ancelle non potevano. Il potere (anche economico) spettava unicamente al marito, anche se spiantato e cacciatore di dote. Chissà come sarebbero andate le cose vivendo il marito di Busa. Un uomo gretto e avido, avrebbe fatto pressione presso i concittadini perché le porte della città restassero chiuse. O forse, ed è ciò che ci piace pensare, Busa dispose semplicemente come ad un compianto e non meno generoso coniuge sarebbe piaciuto.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 8 Luglio 2014

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