Cultura e Spettacoli

Canne, i numeri gonfiati

Cosa non si è scritto a proposito della battaglia di Canne. Studi sempre più approfonditi pervengono a descrizioni addirittura minuziose di quello scontro epico. Ma su quali fonti hanno lavorato gli storici moderni? La più vicina a noi, e la più importante, resta Polibio, il quale raccontò la disfatta romana poco più di cinquant’anni dopo i fatti del 216 a.C. Nelle sue cronache lo scrittore greco sostiene di aver parlato con qualche reduce e con gente che sapeva per sentito dire. Ebbene, quanto affidabili potevano essere quelle testimonianze? Chi sopravvisse allo scontro quale visione potette avere di una carneficina consumata all’interno di una gigantesca nube di polvere? (a Canne fu guerra in piena estate, su una vasta, arida spianata  percorsa dallo scirocco.). Nessuno in tutta coscienza poteva dire d’aver visto. Se soldati immersi nella mischia erano nell’impossibilità di capire cosa stava accadendo a trenta metri di distanza, i loro generali, posizionati sui rilievi del terreno ai margini dello scontro, capivano anche meno. Questa incapacità doveva fare da ostacolo insormontabile ad ogni tentativo di ricostruzione. E invece Polibio fornisce una versione delle cose dettagliata, quasi a volo d’uccello avesse e ripetutamente sorvolato il campo di battaglia. In realtà egli provò a ricostruire i fatti avvicinando testimonianze scarse, scarne, frammentarie, contraddittorie, improbabili. Pochi e inaffidabili tasselli da cui partire per ipotizzare un quadro. Le ragioni che rendono inaffidabili quei tasselli sono molte : In primo luogo perfino i più giovani sopravvissuti a Canne dovevano aver superato la sessantina, se non erano addirittura più vecchi all’epoca in cui Polibio li ‘intervistò’. Ai tempi di Roma si invecchiava presto, perciò presto si cominciava ad avere la memoria confusa ; senza considerare le inesattezze da choc in cui può incorrere chi sia sfuggito a una catastrofe collettiva.  E poi è tratto caratteristico di tutti i reduci di guerra ingigantire le cose per difendere la propria reputazione, non foss’altro che per sottrarsi al sospetto di diserzione. Parenti e discendenti dei pochi superstiti non dovettero comportarsi diversamente davanti al ‘taccuino’ di Polibio. Ma bisognava consegnare ai posteri una ‘versione’ dei fatti che fosse funzionale alla celebrazione della gloria di Roma. Polibio ci provò ed esagerando coi numeri fece scuola (far apparire Canne una disfatta ancora più grave serviva a far risaltare la capacità di resurrezione di Roma e a spiegarne il destino ‘fatale’). E’ perciò molto probabile che a Canne i combattenti siano stati assai  meno e non così accentuato lo squilibrio delle forze in campo. Semplicemente, Annibale dispose meglio le  truppe a differenza di avversari appena superiori. Il che, nell’immensa confusione di quel parapiglia, gli fece gioco col sicuro concorso della dea bendata.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 14 Gennaio 2014

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