Cultura e Spettacoli

“Cantami o Diva…”

Cantami o Diva del pelide Achille l’ira funesta…” Comincia così l’Iliade tradotta dal Monti. Parole rimaste scolpite nella memoria di generazioni di studenti forgiati in quei tormentosi esercizi mnemonici cui la scuola di ieri riconosceva valore formativo. Sa il Cielo quanti alunni tediati (e intimoriti) da docenti pedanti avrebbero gradito approcciarsi ai capolavori della letteratura in modo meno cattedratico, più caldo, personale, magari fantasioso. Una cosa possibile – in passato come al presente e indipendentemente da disponibilità tecnologiche – a condizione di mettere in campo generose dosi di energia affabulante. Ma quest’ultima energia è sempre stata e sempre sarà in possesso di un insegnante su cento (e la colpa va individuata soltanto negli scriteriati criteri di individuazione del personale docente). Non diremmo queste cose se giovedì scorso non fossimo stati in quel di Palo del Cole, dove era in programma la serata d’apertura di Rigenera SmArt City, il Festival delle Periferie. In cartellone era ‘Iliade’, spettacolo di teatro di narrazione condotto da Corrado D’Elia ed arricchito dagli interventi di pittura dal vivo di Renzo Francabandera. Al cospetto di un cinquecento spettatori D’Elia ha innescato la magia del cantastorie, anzi dell’aedo o, retrocedendo ai primordi, del narratore da falò, il primitivo dalla singolare capacità di evocare col gesto, il calore della voce, la mutevolezza dei toni e la sapienza dei tempi imprese di caccia e di guerra di eroi tribali. E ha fatto centro. Non era facile con un pubblico così variegato, composto da tanti giovani e giovanissimi, di cui molti  (scommettiamo) di Omero conosceva appena il nome. Eppure è stato un successo. E questo perché la forza di una grande storia è soprattutto nella capacità di sedurre senza sforzo, senza necessità di quelli che oggi chiamiamo ‘effetti speciali’. Quante volte l’Iliade è finita sul grande schermo, nei fumetti, nelle pitture ad olio. Ebbene, mai questi raffinati esercizi di stile hanno toccato l’acme dell’emozione come quando le vicende di Achille ed Ettore vengono affidate all’energia primigenia e irresistibile della parola. E il bravo D’Elia – attento a fuggire la grandeur, a vantaggio di un partecipare intenso e concreto – avrebbe potuto anche di più se sostenuto da un disegno luci, se svincolato dal leggio e se per tutta la performance non avesse dovuto reggere un microfono. Degna di nota la selezione musicale (una bella sfida trovare composizioni di gusto moderno, sobrie e in sintonia con l’enfasi che ogni poema ispira). L’interazione con Francabandera non ha prodotto risultati parimenti appassionanti. Forse la formula andava studiata diversamente.

Italo Interesse


Pubblicato il 11 Settembre 2018

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