Cappuccetto Rosso, il prima e il dopo
Pareri discordanti per una coreografia di Patrizia De Bari andata in scena al Nuovo Abeliano nell’ambito del programma coreutico di Resextensa Calling
Due sono le versioni più note della storia di Cappuccetto Rosso: quella senza lieto fine di Perrault (‘Le Petit Chaperon Rouge’) del 1697 e quelle meno traumatiche dei fratelli Grimm (‘Rotkäppchen’) del 1857. Nella prima dei Grimm la bambina, sfuggita al tentativo di adescamento del Lupo, si rifugia in casa della nonna ; il lupo, nel tentativo disperato di entrare in casa attraverso il camino cade in un mastello colmo d’acqua bollente e muore fra mille tormenti. Nella seconda versione Grimm, che è quella più diffusa e alla quale qui si fa riferimento, considera un altro personaggio, il cacciatore, che uccide il lupo e lo sventra restituendo alla vita nonna e nipote precedentemente divorate. Tralasciando le numerose varianti diffuse in tutto il mondo, la storia di Cappuccetto Rosso orbita intorno a due punti inamovibili : La bimba un giorno, per incarico della mamma, esce di casa per andare a trovare la nonna che vive nel bosco. Punto secondo, Cappuccetto Rosso rientra a sera sana e salva. Ma questi ‘prima’ e ‘dopo’ tra cui s’inserisce la nota faccenda del lupo trasformista e del cacciatore salvifico (versione Grimm II) mai hanno sollevato curiosità di qualcuno. A colmare questa lacuna, a volerla chiamare così, sembra intervenire Patrizia De Bari, coreografa della Compagnia Giardino Chiuso, autrice di ‘Cappuccetto rosso’, uno spettacolo andato in scena venerdì scorso al Nuovo Abeliano nell’ambito del programma coreutico di Resextensa Calling. Nel lavoro della De Bari, interpretato dalla brava Alessandra Padelletti Coda e dalla piccola e promettente Adele Biagi, buona parte dello spettacolo verte, inizialmente sul quotidiano rapporto madre/figlia antecedente la sciagurata commissione nel bosco, poi sullo strazio di una madre in ansia, infine sulla ricomposizione della routine domestica alla luce di una grande lezione. Quanto alla nota tragedia della nonna e della nipotina divorate dal lupo e dello stesso animale squartato e scuoiato, tutto frettolosamente si risolve al di là di un velario oltre cui con vaghezza si muovono ombre, pupazzi e figure umane. Un maggiore sviluppo dell’atteso pezzo forte avrebbe accontentato la platea. Resta però la felice sorpresa di un indagato rapporto figlia/madre che non ha precedenti, novità che consente pure di gettare lo sguardo soprattutto sulla figura della mamma, qui strappata alla storica marginalità e messa sotto la lente d’ingrandimento. E resta pure la grazia classicheggiante ma sobria e persino un po’ ‘severa’ della Padelletti Coda, una grazia che mai cede all’enfasi, anche nel momento del dolore per il ritardato ritorno della piccola. Felice anche la freschezza della Biagi. Degno di nota infine l’aspetto scenografico, segnato da questo bianco egemone bordato di rosso, palese illusione all’innocenza e alla perdita della stessa, in cui l’intermezzo’ narrativo e i suoi prologo ed epilogo trovano amalgama stilistico.
Italo Interesse
Pubblicato il 3 Dicembre 2024