Cultura e Spettacoli

Carmela Candido, l’artista dell’acqua e delle trame d’incanto

“L’acqua non aspetta mai. Cambia forma e scorre attorno alle cose, trovando sentieri segreti a cui nessun altro ha pensato” diceva lo scrittore Arthur Golden, così come recitava il grande insegnamento di Lao Tzu: “Bisogna essere come l’acqua. Niente ostacoli, essa scorre!’. Ancestrale mantra che l’artista molfettese Carmela Candido ha fatto pienamente suo in ottant’anni di vita dedicata alla sua personalissima ricerca pittorica. Docente di arte della tessitura, figurinista e pittrice, ha esposto in diversi paesi del mondo, tra Roma Dallas e New York, corteggiata dalla Soprintendenza delle Belle Arti di Bari. Carmela, carattere riservato ma affabile, non ha mai perso quell’umanità e umiltà d’altri tempi con cui ci racconta del suo grande amore per l’arte e del suo strano e magico rapporto con l’acqua.

Come è iniziato il suo percorso?

“Ho sempre avuto una passione per le stoffe, mi piaceva sentirle al tatto, accarezzarle, ricordo che infiocchettavo i capelli a mio nonno mentre riposava, già da quando ero bambina. Negli anni ’60, dopo aver studiato arte, frequentai per corrispondenza una scuola per figurinista di Torino. Così iniziai a lavorare nel mondo della moda, successivamente sono passata alla pittura su tessuto, un tipo di arte che sentivo  rappresentarmi di più.”

Come si articola la sua tecnica pittorica? Che materiali utilizza?

“La mia tecnica si basa sulle trasparenze. Non utilizzo le normali tele in commercio, ma tessuti lavorati personalmente che scelgo con cura. Le devo sentire al tatto, me ne devo innamorare. C’è un lungo lavoro di ricerca dietro ogni opera. Per gli abiti per esempio uso spesso l’organza su cui si sovrappongono vari strati di colore, e attraverso l’acqua che scorre, si creano degli effetti molto insoliti. La tela deve appagarmi visceralmente, mi ci butto anima e corpo sperimentando tecniche mie. Si creano così dei virtuosismi pittorici che solo in ultima analisi vado a fissare sul telaio. Quando creo abiti modello semplicemente i tessuti sul corpo. Amo poco l’olio perché ti da la possibilità di intervenire e correggere, mentre la pittura per me deve essere un gesto sicuro e immediato che non consente errori, dopo un’intensa riflessione bisogna arrivare rapidamente a fissare il senso dell’opera. Non utilizzo mai cuciture, la modella si presenta da me nuda e io fisso la stoffa nei punti cardine con degli spilli, seguendo il mio personale istinto basata sui punti del corpo femminile e su ciò che esso mi ispira. Mi piace utilizzare i colori per i tessuti mescolandoli alle tempere agli acrilici o ad altri materiali, sempre attraverso l’acqua. Attendo pazientemente che colori si fissino e si asciughino sul tessuto per poi lavorarli con vari medium e utensili, ma tutto parte rigorosamente dall’acqua.”

Da dove viene questo suo amore per l’acqua?

“ È un rapporto strano. Pensi che io ne ho paura, non so nuotare! Ma nel contempo la amo e la rincorro attraverso la mia arte. L’acqua rappresenta tutto. Il punto di partenza di ogni cosa. La mia voglia di libertà. Mio marito era capitano di Marina e ho viaggiato con lui su grandi navi osservando il mare per anni. Ancora oggi ogni mattina vado sul lungomare, osservo la grande distesa di acqua percependone gli odori e i colori. Forse tutto questo è l’eredità di un legame molto profondo con il liquido amniotico e mia madre.”

Cos’è la donna per lei? 

“La donna è tutto. L’essere più meraviglioso che esista, ammiro la pazienza infinita delle donne, il loro lasciarsi attraversare visceralmente dalla vita e dalle emozioni che essa trasmette. Immagini cos’è una donna quando mette al mondo un bambino. Di quanto amore è capace. Solo noi sappiamo amare in questo modo.”

Che cosa manca agli artisti di oggi? Come sarà del futuro dell’arte? 

“I giovani di oggi purtroppo sono vittime di uno sviluppo tecnologico troppo rapido. Internet ha disumanizzato il rapporto con il mondo e con gli altri. È inganno. Finzione. Bisogna imparare ad osservare: un artista non può fare a meno di questo. Come diceva Baudelaire, bisogna imparare a immaginare e sognare. La più grande delle facoltà umane. Sentire e percepire le cose con forza e verità viscerali. La tecnologia ha la sua utilità, ma bisogna capire l’importanza della giusta misura.”

E chissà se prima o poi Carmela riuscirà a farlo questo tuffo in mare. Noi ci auguriamo che non impari mai a nuotare, affinché continui con la sua arte, attraverso l’acqua, a regalarci le sue meravigliose trame d’incanto.

Rossella Cea

 


Pubblicato il 24 Febbraio 2022

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