Cultura e Spettacoli

Caro agli Dei, il frutto dimenticato

 
Un chilometro quadrato in tutto. E’ quanto resta della produzione di mele cotogne in Italia. Orientativamente, in Puglia si saranno salvati un cinque ettari di questa coltivazione tanto apprezzata dagli antichi. Tra le più antiche piante da frutto conosciute, il melo cotogno era coltivato dai Babilonesi ; il suo frutto presso i Greci veniva considerato sacro a Venere e in epoca romana era altrettanto noto, essendo citato da Catone, Plinio e Virgilio. In passato la mela cotogna aveva un utilizzo maggiore di quello conosciuto oggi (confetture, mostarde, distillati, liquori, gelatine). Ippocrate la consigliava  in caso di “sgomberi intestinali” , nel medioevo con la sua polpa – cruda – si confezionavano efficaci cataplasmi, un paio di frutti bastavano a profumare cassetti e armadi… Da noi si usava pure per fare da ‘tappo’ temporaneo alle botti dove il mosto era in fermentazione. Si tramanda che con questo stratagemma il vino assumesse un aroma particolarissimo ; chi vi provasse oggi, però, non avrebbe lo stesso risultato per il semplice motivo che degli originari vitigni pugliesi quasi nulla è rimasto.  Il rapporto tra mela cotogna e vino è sempre stato stretto. Nel suo ‘”Le théatre d’agricolture et mesnage des champs” (1600), Olives de Serres suggeriva un’insolita ricetta : la cotogna candita, ottenuta candendo le cotogne con succo d’uva fresco. In un altro passo dello stesso trattato,  l’agronomo e botanico francese, oltre a fornire la ricetta del ratafià (liquore dolce a base di succo di cotogne) insegnava che le mele cotogne “che non si conservano mai oltre il Natale, si possono mantenere quanto si vuole nella feccia del vino che rimane in fondo alle botti”. Esiste poi la mela cotogna al vino rosso con peperoncino habanero e cioccolato fondente ; è un dessert raffinato adatto alla stagione fredda… I meli cotogni hanno cominciato a sparire da noi agli inizi degli anni sessanta, quando, disdegnato dalla grande industria, questo frutto finì fuori mercato, decretando la morte di migliaia di alberi. Ma quel poco che è sopravvissuto tra orti e giardini è oggi conservato gelosamente da agricoltori divenuti finalmente lungimiranti. Sicché le mele cotogne sono tornate – e a caro prezzo (due, tre euro il chilo) – sui banchi dei mercati, sia pure rivolgendosi ad una clientela contenuta fata di appassionati e cultori . E c’è chi compra mele cotogne anche a solo scopo ornamentale. Discreto il successo di questa pianta anche nei vivai di casa nostra ; quando in fiore, il melo cotogno è uno spettacolo. La rivincita delle melacotogne va considerata alla luce del rilancio che stanno incontrando anche melegranate, sorbe, fichi d’india…. Contro piante esotiche diventate stanziali (il Kiwi), frutta transgenica, mele dalla buccia stranamente appiccicosa, pomodori e fragole di dimensioni innaturali, fa piacere questo andare in controtendenza che onora il buon senso, la tradizione e quel po’ di umanità che ci è avanzata.
italointeresse@alice.it
 
 


Pubblicato il 12 Ottobre 2011

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