Cronaca

Carrelli d’oro: a Bari i rincari soprattutto su pasta e olio di semi

Niente da fare, i prezzi salgono mentre salari e stipendi, se non scendono causa inflazione, restano stazionari. La bolla inflazionistica partita già nel 2021 con le speculazioni ‘di ritorno’ del Covid, aggravate poi dallo scoppio del conflitto in Ucraina e dal caro bollette per l’aumento dei costi dell’energia ha contagiato i prezzi nel carrello della spesa a Bari dal +37% della pasta al +20% dell’olio di semi, spesso introvabile, che colpiscono duramente le tavole dei consumatori. E’ quanto emerge dallo studio Coldiretti/Puglia, sulla base delle rilevazioni dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe del Ministero dello Sviluppo Economico, con la “lista nera” degli aumenti negli scaffali dei supermercati in sei mesi. E precisamente nel lasso di tempo che corre da settembre 2021 a marzo 2022 nella nostra città capoluogo di regione, coi prezzi dei biscotti aumentati del 16%, del caffè dell’8%, del pane a fette dell11%, fino alla farina di frumento del 19% e al burro del +10%. Dinamiche anche frutto di quella guerra che ha modificato la composizione del carrello della spesa segnato da parecchi comportamenti emotivi. Decisioni estemporanee che hanno spinto molti consumatori baresi a fare scorta nelle dispense di prodotti, per paura di non trovarli sullo scaffale. Sono infatti aumentati – precisa Coldiretti – i volumi di acquisto di alcune categorie di prodotti come zucchero, pasta di semola, farina, riso e l’olio di semi ma anche di conserve di verdure, legumi, carne e pesce che garantiscono una più lunga scadenza. Insomma, i prezzi di grano tenero e duro e di olio di semi risentono degli effetti della guerra in Ucraina, con l’Italia deficitaria nella produzione di molte materie prime, tipo appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, ma anche 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, 56% del grano duro per la pasta e 73% dell’orzo. Ergo, si tratta di materie prime che bisogna importare. Se i prezzi per le famiglie corrono, spinte dal caro energia e dalla guerra, l’aumento dei costi colpisce duramente, l’intera filiera agroalimentare, con i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori che non riescono ormai neanche a coprire i costi di produzione. Più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione. Una vera e propria bufera che si è abbattuta sulle aziende agricole con rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari che stanno mettendo in crisi i bilanci delle aziende agricole. Nelle campagne si stanno registrando aumenti dei costi ingentissimi, che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli, secondo lo studio del Crea. A essere più penalizzati proprio le coltivazioni di cereali, come il grano, a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato. In difficoltà serre e vivai per la produzione di piante, fiori, ma anche verdura e ortaggi seguiti dalle stalle da latte. Conclusione? Per l’associazione maggiormente rappresentativa dei coltivatori diretti pugliesi bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro, lavorando sodo e da subito per accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, così come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni.

Antonio De Luigi


Pubblicato il 3 Maggio 2022

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