Primo Piano

Cassa Prestanza: esplode la rabbia dei soci/dipendenti

Se l’altro ieri erano gli investigatori della Procura ad acquisire atti, verbali e documenti, ieri è toccato ai dipendenti-soci riattizzare il fuoco attorno alla Cassa Prestanza che non sta più onorando i patti, decisi stavolta a scendere in piazza per far valere i propri diritti. E cioè la restituzione di quanto versato in tanti anni di servizio almeno con gli interessi legali e non rimanere senza il becco d’un quattrino, come sta accadendo ai colleghi che da maggio scorso sono andati in pensione. La delusione, lo sgomento e rabbia dei lavoratori comunali salgono anche se, da questo mese, l’ente-datore di lavoro ha finalmente sospeso il prelievo-salasso dalle busta paga. Forse sperando di arrivare a una tregua almeno fino a maggio dell’anno prossimo, quando saranno altri amministratori a passarsi la patata bollente. “Se pensano di cavarsela così, sbagliano di grosso – sbotta un dipendente che ha già citato in giudizio l’amministrazione e che da tempo sta facendo il diavolo a quattro per convincere i colleghi a mettere in campo azioni eclatanti per smuovere le acque attorno alla Cassa/Mutua dissestata. E così già ieri i primi sindacalisti che hanno raccolto la sfida stanno chiamando a raccolta gli altri soci-dipendenti per una manifestazione in piazza Benedetto Petrone (dinanzi al Palazzo del Governo) lunedì 10 dicembre, in occasione del Consiglio Comunale. Ottantotto anni e oramai giunge al capolinea: la Cassa di Prestanza istituita da un Regio Decreto attorno al 1930 rischia di esalare l’ultimo respiro a suon di risarcimenti e processi, dopo che negli altri enti pubblici è già da tempo un pallido ricordo. Ma dieci anni fa c’era chi ancora gongolava: “Chissà, forse è ancora in piedi qui al Comune di Bari perché funziona bene”, sorrideva sardonica la presiedente-pro tempore del Consiglio d’Amministrazione, l’assessora Antonella Rinella, pronta a difenderla perfino per la sua finalità antiusura. Sarà, ma oramai nessuno la pensa così. Anzi, non mancava chi già allora –correva l’A.D. 2007- nutriva dubbi serissimi su amministrazione, gestione e funzionamento di quel fondo cassa che, pur rassomigliando a un vero e proprio istituto di credito che prestava denaro a tassi praticamente fuori mercato, ne ha sempre eluso ogni controllo. Verifiche che sono sempre sfuggite ai controlli, dovendo funzionare pure come un fondo integrativo, per consentire di arrotondare la magra pensione ai soci. Cioè i dipendenti ai quali ogni mese veniva sottratto automaticamente dalla busta paga una cifra/percentuale, che variava mediamente da impiegati a dirigenti. E tenendo conto che alla Cassa di Prestanza del Comune di Bari è iscritto quasi tutto il personale (pare l’ottantacinque per cento dei circa duemila impiegati) non è difficile tirare le somme che annualmente hanno manovrato presidente, consiglieri d’amministrazione e revisori, senza essere praticamente controllati da nessuno. Ed è proprio da questo punto, a parte i troppi condizionali dovuti alla mancanza di dati certi, che parte la sequela di interrogativi sulla Cassa di Prestanza targato Comune di Bari. Che pur funzionando, come detto, alla stregua di una medio-grande società finanziaria, non e’ sottoposta alle rigide norme in materia. Anzi, non deve rendere conto a nessuno, visto che quasi nessuno, a Palazzo di Città, ha mai visto lo straccio d’un Bilancio con entrate e uscite, o ha mai dato un’occhiata allo Statuto, risalente all’Italia mussoliniana di Vittorio Emanuele, inizio del secolo scorso. Un bel record che ha resistito per quasi venti lustri.

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 30 Novembre 2018

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio