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Cassa Prestanza: passata la tempesta, tornerà tutto come prima

 

La Cassa Prestanza del Comune di Bari dovrebbe servire per garantire una liquidazione un po’ più sostanziosa o un prestito in caso di bisogno ai soci-dipendenti ed invece s’è trasformata presto in una specie di tesoretto o docile strumento per garantire incarichi, stipendi e gettoni di presenza all’interno di un consiglio d’amministrazione. Uno dei tanti che al Comune d Bari non rende conto praticamente a nessuno. In piedi da ottant’anni, quest’organismo istituito da un Regio Decreto attorno al 1930 comincia  a vacillare dopo essere finito nuovamente sotto tiro proprio per l’alone di mistero che lo circonda, anche per colpa di un’assessora e dirigente al Personale che, quando se ne occupò questo giornale una decina di anni fa, fecero di tutto per non rendere pubblici statuto e bilanci. Mai approvati quando cominciammo a scrivere su queste colonne di Cassa Prestanza nel 2007 – ed era un caso anche questo molto strano – dal Consiglio Comunale guidato già da tre anni dall’ex magistrato approdato da poco a capo della giunta regionale pugliese. Ma andiamo per ordine. Nel 2007 assessora al Personale e presidente-pro/tempore della Cassa era Antonella Rinella, che certo non voleva scoprire le carte di un istituto, per esempio, che concedeva ai soci prestiti a tassi molto interessanti. Già, ma a quali percentuali rispetto agli istituti di credito, come dire, normali? Mistero, non era dato sapere: statuto e bilancio per l’assessore Rinella e la dirigente di settore Maria Luisa Lupelli erano e dovevano restare “top secret”, anche se sindacalisti e giornalisti all’epoca avevano presentato richiesta di copia per iscritto.  Così non mancava anche allora chi, come il nostro giornale, nutriva serissimi dubbi su amministrazione, gestione e funzionamento di questo fondo cassa che, pur rassomigliando tanto ad un istituto di credito che presta e gestisce una montagna di denaro, ne elude ogni controllo. Verifiche che sfuggono sistematicamente da almeno quattro anni, come detto, all’approvazione del Consiglio Comunale, nonostante l’assessore ne avesse garantito la discussione nella prima seduta utile dopo la pausa estiva. E invece…anche questa volta, dopo la recente tempesta scoppiata sui giornali e la sospensione della delibera di Consiglio sui fondi pubblici destinati alla Cassa, si attenderà che le acque si calmino. Eppoi tutto tornerà come prima. Ma andiamo avanti per cercare di comprendere come funziona questo istituto economico e finanziario ad uso e consumo dei soli dipendenti comunali. Che però, una volta entrati ed aver aderito alla Cassa Prestanza, non ne possono più uscire, come arpionati da una piovra che non lascia via di scampo. Anche qua nessuno sa bene perché e percome, dato il mistero che circonda un regolamento dai contorni poco chiari, nonostante funzioni come un fondo integrativo, per consentire di arrotondare la magra pensione ai soci. Ai quali ogni mese viene sottratto automaticamente dalla busta paga una bella cifretta, che varia mediamente dai 50 euro degli impiegati, ai circa 100 dei quadri e dirigenti. E tenendo conto che alla Cassa di Prestanza del Comune di Bari è iscritto quasi tutto il personale (pare l’ottantacinque per cento dei circa duemila dipendenti) non è difficile tirare le somme che annualmente manovrano presidente, consiglieri d’amministrazione e revisori, senza alcuna verifica da parte dell’Ente. Infatti nessuno a Palazzo di Città ha ancora visto lo straccio d’un Bilancio con entrate e uscite, per capire se è vero che solo la voce emolumenti ammonterebbe a quasi 20 mila euro all’anno, abbastanza per spiegare l’animosità dimostrata da dirigenti e sindacalisti dell’unica organizzazione che da sempre controllano indisturbati la loro bella Cassa. Tuttavia, al di là dell’interesse di chi forse ci tiene troppo –e si comincia a capire perché considerati stipendi, gettoni e chissà cos’altro…- ciò che dovrebbe far riflettere l’attuale assessore-presidente Angelo Tomasicchio è, appunto, la mancanza di trasparenza nella gestione e funzionamento di questa Cassa Prestanza, anche perché quest’anno nel Civico Bilancio sono previsti ben 450 mila euro, iscritti alla voce assistenza. “Una cosa del genere aveva senso negli enti pubblici, come le Ferrovie dello Stato, quando funzionavano le cosiddette casse mutualistiche, quelle che anticipavano denaro ai poveri impiegati per curare malattie gravi, oppure effettuare interventi chirurgici costosi all’Estero, ma anche cure dentistiche. Oggi la Cassa di Prestanza non funziona più così”, confidava undici anni or sono un impiegato che non sapeva più come fare per uscire dall’istituto mutualistico comunale barese, mentre qualche suo collega aveva già presentato ricorso in Tribunale. Un istituto nuovamente in acque agitate, si diceva, visto che da qualche settimana se ne occupa anche la Gazzetta del Mezzogiorno che ha accertato come anche gli li ultimi bilanci avrebbe accesa la spia rossa. Segno di una crisi di cui, però, nessuno vuol parlare. E infatti a chi andava in quiescenza fino a qualche anno fa al Comune, il saldo dovuto gli arrivava, se tutto andava bene, con quasi un anno di ritardo: come mai? Non sarà mica perché lo squilibrio dei conti fra versamenti effettuati dai soci e saldo finale, effettuato in base a criteri un po’ sbilenchi e misteriosi, non garantiscono più il fondo pensionistico? E cosa accadrebbe se, malauguratamente, dovesse fallire e chiudere i battenti dando la colpa a qualche sindacato, come si sussurra negli ultimi tempi? Ma soprattutto, fino a quando il Pubblico Bilancio, cioè i contribuenti, saranno chiamati a ripianarne questi debiti, veri o presunti, con circa 500mila euro? Un bel mistero….

 

Francesco De Martino 


Pubblicato il 30 Gennaio 2016

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