Primo Piano

Cassa Prestanza: una ‘mini-liquidazione’ che scontenta tutti

Rabbia e delusione tra gli oltre 1200 creditori che hanno percepito gli acconti

Con l’invio sui rispettivi conti correnti degli acconti dovuti agli aventi diritto, cala il sipario sulla storia infinita della Cassa Previdenza, Assistenza e Sovvenzioni tra i dipendenti del Comune di Bari, come già pubblicato su queste pagine nei giorni scorsi. Quattro anni circa, con una procedura di liquidazione richiesta dallo stesso Comune di Bari a favore dei suoi dipendenti/soci iscritti alla suddetta Cassa sancita dal Tribunale Civile sono bastati per scrivere, finalmente, la parola ‘fine’ a un organismo che termina la vita naufragando in un mare di debiti, dubbi e sospetti. Il piano di riparto delle somme tra i creditori aventi diritto (chirografari), difatti, non ha certo spento polemiche e risentimenti, lasciando -nel solito silenzio di politici e partiti locali – aperta una ferita che difficilmente si rimarginerà tra impiegati, funzionari e dipendenti comunali. Quelli cioè che, nel proprio percorso lavorativo, hanno ceduto una piccola parte-percentuale alla Cassa Prestanza, con la certezza di riprendersela al momento del pensionamento, aggiungendo i dovuti interessi. Invece, di quel tesoretto che avevano sperato di rivedere al termine del percorso lavorativo, nell’elenco delle somme da ripartire (tra gli oltre mille e duecento creditori) nel piano di riparto liquidato in questi giorni dal Tribunale di Bari – a parte avvocati, consulenti, esperti e commissari che hanno intascato compensi fino a 120mila euro – i suddetti dipendenti riprenderanno il 16,2 per cento di quanto versato in tanti anni di lavoro. Un ‘obolo’ che, alla fine, ha scontentato tutti, soprattutto quelli che facevano fuoco e fiamme dinanzi al Palazzo di Città – distribuendo finanche panettoni ai passanti, un paio di anni or sono – dicendo che avrebbero proposto reclami a destra e a manca. E adesso al Comune di Bari serpeggiano solo rabbia, delusione e malcontento per com’è stata sepolta la Cassa Prestanza, complice secondo molti dipendenti anche una magistratura che ha evitato nel corso degli anni di chiarire le responsabilità del “socio fondatore”. Con i sindaci presidenti e a capo d’una società privata qual è stata dichiarata, appunto, la Cassa stessa in Puglia, mentre altrove i giudici amministrativi (vedi Tar/Lazio) l’hanno dichiarata di natura pubblicista. Eppoi la trafila delle sentenze incomprensibili ai comuni cittadini, sentenze che scagionavano frettolosamente il Comune quale soggetto istituzionale coinvolto, configurando la Cassa/soggetto giuridico di diritto privato, regolato dal Codice Civile. Eppure nel 1924 il Comune di Bari costituì la Cassa di Assistenza per dare sostegno alle maestranze, dipendenti comunali, in difficoltà. Nel 1933 prima e dopo nel 1957, il Consiglio la riformò, introducendo una forma di previdenza integrativa, decidendo che per beneficiarne bisognava versare una quota della retribuzione. Anche il Comune avrebbe dovuto contribuire e rendere sostenibili, economicamente, le finalità sociali dell’organismo di protezione sociale appositamente costituito. Poi, nel 1968, s’introdusse per legge il divieto di “corrispondere trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici in favore dei propri dipendenti in aggiunta al trattamento dovuto dagli enti previdenziali cui il personale medesimo è iscritto per legge”. Una legge, quest’ultima risalente al 1968, ignorata completamente dalla burocrazia comunale barese che gestiva l’organismo previdenziale. E così la Cassa è andata avanti finquando sono entrate in vigore le norme che hanno mutato i trattamenti pensionistici contributivo/retributivo, senza più riuscire a tenere in equilibrio il bilancio sociale, come evidenziato nelle relazioni anche dai revisori contabili. Insomma, il colpo di grazia alla Cassa già alla bombola dell’ossigeno, con l’ente fondatore che sospese nel 2018 unilateralmente il suo contributo (a carico dei cittadini-contribuenti) senza però sospendere le trattenute a carico dei dipendenti iscritti, il grave disequilibrio finanziario che ne scaturì non ha consentito più di sostenere e garantire alcuna finalità sociale. Libri in tribunale e più di 15 milioni (…tutti denari dei lavoratori) in fumo, con un piano di riparto delle somme che, come detto all’inizio, ha scontentato tutti.

Francesco De Martino


Pubblicato il 9 Maggio 2025

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio