Cultura e Spettacoli

Cavtat, 40 anni di sospetti

In tempi in cui sta diventando prassi che la malavita organizzata carichi di rifiuti tossici navi da mandare a fondo invece che nei cantieri di demolizione, torna memoria del caso-Cavtat. Il 14 luglio di quest’anno ricorrerà il quarantesimo anniversario dell’affondamento di questo mercantile, allora jugoslavo, che carico di 909 fusti di piombo tetraetile e tetrametile, si inabissò a seguito di collisione nel canale d’Otranto a pochissima distanza dalla costa pugliese. La Cavtat era partita il 28 giugno da Manchester ed era diretta a Rijeka (Fiume). A tre miglia da Otranto alle ore 04,12 lo scontro con l’altro mercantile, il Lady Rita, una nave battente bandiera panamense. Fu tutta colpa di un’insolita nebbia? Il bollettino di quel giorno dell’Aeronautica Militare parla di “visibilità relativamente buona”… E’ questo il primo dei tanti misteri di una vicenda che poco a poco assume cadenze da giallo. La Cavtat era stata speronata. Tuttavia, non essendo irreparabile la falla prodotta dall’altro mercantile, c’era tempo di rimorchiare la nave sulla secca più vicina (distante non più di tre miglia). Messo al sicuro l’equipaggio della nave speronata – nell’incidente nessuno perse la vita – il comandante della Lady Rita si era offerto di rimorchiare il cargo incidentato, ma a bordo della Cavtat rifiutarono invocando la necessità di non avere grane con la dogana italiana. Dopo cinque ore di agonia, alle 09,15 il cargo scomparve ; il suo relitto giace ancora oggi a novanta metri di profondità. Alcuni ingegneri ritengono addirittura che la fine del cargo jugoslavo sia stata accelerata aprendo gli oblò e le valvole di presa-mare. Il che spiegherebbe anche l’anomalia di una nave affondata di poppa quando invece la falla si era prodotta fra il centro e la prua della fiancata destra. Che la Cavtat nascondesse segreti ancor più imbarazzanti di 909 fusti tossici? Non si è mai saputo. Si sa solo che quei barili velenosi sarebbero rimasti a dormire in fondo all’Adriatico senza l’intervento di Alberto Maritati, all’epoca dei fatti Pretore di Otranto. L’opera di recupero, abbastanza sollecita (e tra l’altro documentata da Jacques Cousteau, celebre oceanografo francese), portò al recupero – ufficiale – di 863 fusti. I 46 barili che mancano all’appello giacciono ancora sotto coperta in angoli rimasti inaccessibili per i sub. Il pericolo rappresentato dai quei fusti spiega l’ordinanza della competente Capitaneria che vieta la navigazione e la sosta in quel braccio di mare. E’ però strano che un sito per amatori (relitti.it) a proposito della Cavtat parli di “elevata” difficoltà di immersione e di “discreto” interesse fotografico e biologico. Dunque, in quello specchio d’acqua è possibile immergersi?

 

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 8 Maggio 2014

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