Cultura e Spettacoli

“C’è del marcio in Danimarca!”

Sabato 31 maggio al Van Westerhout di Mola di Bari va in scena una produzione Scene Teatro

I puristi storcono il naso all’idea che i classici possano essere ridotti. Ma, prendi il caso di certe opere di Shakespeare, come fai ad avere in libro paga trenta attori ? E dove rastrellare un numero di spettatori adeguato alle esigenze del botteghino ? Si fa allora di necessità virtù, tagliando scene e figure o chiamando gli interpreti a vestire i panni di più personaggi. Ora, ciò vuol dire snaturare le cose ? Affidando i ‘sacri testi’ a mani imprudenti, viene da rispondere : sì. Ma una mirata opera di ‘taglio e cucito’ che sia funzionale a dare risalto a un particolare aspetto del personaggio principale o dell’opera in sé può regalare uno sguardo innovativo all’assieme, da cui riletture persino illuminanti. Su questa strada s’incamminano Roberto Romeo, Katia Nacci e Massimo Abrescia i quali firmano un adattamento di Amleto che si appresta ad andare in scena al Van Westerhout di Mola di Bari sabato 31 maggio (ingresso 20:30, sipario 21:00).  L’imponente cast d’origine si riduce a cinque interpreti : Vito Rutigliano (Amleto), Ilaria Giordano (Ofelia), Alessandro Schino (Re Claudio), Sarah Pofi (Regina Gertrude), Roberto Romeo (Spettro e Polonio), Ivan Coscia (Orazio e Laerte). La messinscena, ad opera della compagnia Scene Teatro, si avvale anche dei contributi di Luca Romeo (direttore di scena) e di Massimo Abrescia (musiche originali). La regia è di Roberto Romeo, il quale punta sulla modernità di Amleto, il più contemporaneo fra i personaggi scespiriani per il convergere nella sua figura “di tutti i conflitti psicologici dell’epoca attuale.” Il teatrante barese vede nel Principe di Danimarca, l’ “anti-eroe per eccellenza” che, circondato dal muro dell’incomunicabilità, diviene estraneo persino a Ofelia, “l’incantevole fanciulla, vittima innocente” del Potere, quel Potere che “ricade come sempre sui più deboli” e logora chi ce l’ha come sbeffeggia chi non ce l’ha. La modernità di Amleto, dunque. Ma forse ancora più moderno è il carattere omicidiario e incontrollabile della sua follia. Una follia, alla fine dei conti, esagerata e improduttiva, controproducente e di fatto nemica di qualunque idea di Giustizia, esattamente come quella che da sempre insanguina la Terra e che ora come non mai minaccia di ridurre un mondo irripetibile ad un deserto da Apocalisse. Una follia di cui nell’opera di Shakespeare il Principe è solo sfortunata punta dell’iceberg. Perché qui ad essere malato non è tanto un ambiente di corte quanto un contesto sociale che sarebbe un errore circoscrivere alla sola entità territoriale entro cui la tragedia si consuma. Quando nella scena IV del primo atto Marcello, impressionato dalla presenza dello spettro del padre di Amleto sugli spalti della fortezza di Elsinora, sussurra a Orazio che “c’è del marcio in Danimarca”, quel pugno di parole esprime proprio l’idea di cui prima : Il problema non è nell’essere o non essere, bensì nel fatto che il ’marcio’ si spinge ben oltre la fortezza di Elsinora abbracciando tutto ciò che era allora il mondo conosciuto. Un male inesorabile e senza tempo.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 14 Maggio 2025

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