C’è qualcosa di marcio… solo in Danimarca?
Il 23 ottobre il Consiglio di Stato si pronuncerà a proposito della chiusura del Piccolo Teatro di Bari Eugenio D’Attoma

“Something is rotten in the state of Denmark !” (C’è qualcosa di marcio in Danimarca!) sussurra Marcello a Orazio nell’Amleto (atto I, scena IV) alla prima apparizione dello spettro. Oggi l’espressione è adoperata metaforicamente per indicare che in un determinato contesto sociale qualcosa di malato si cela dietro una facciata ipocrita e rassicurante. Ovvero quanto si potrebbe dire a proposito di Bari e del ‘pasticciaccio brutto’ – per dirla alla Gadda – che riguarda il suo terzo teatro in ordine cronologico : quel ‘ Piccolo’ fondato da Eugenio D’attoma a metà degli anni sessanta. E noto a tutti cosa è successo : Con mezzucci indegni di un Capoluogo l’Autorità cittadina ha qualche giorno fa messo il Piccolo Teatro Eugenio D’Attoma nelle condizioni di non lavorare. Si parla di irregolarità nello sbigliettamento e nel tesseramento dei soci. Pretesti. Non è da ieri che il Piccolo è nel mirino della Legge locale, benché la sua attuale configurazione di Associazione culturale dovrebbe metterlo al sicuro dalla ossessiva normativa sotto il cui schiaffo sopravvivono le altre strutture teatrali. Dunque, “C’è qualcosa di marcio a Bari” (e non al Piccolo) ; e il colto richiamo ci sta tutto, date le circostanze. C’è del marcio perché l’atteggiamento del Comune si sta manifestando contraddittorio, e in misura imbarazzante : Dal un lato invia i suoi giannizzeri a gridare stop, dall’altro (sindaco e assessori) assicura la massima disponibilità perché questa storica struttura continui ad esercitare l’edificante funzione formativa per cui è nata. Ciò non bastasse, serpeggiano voci imbarazzanti : Da tempo l’Autorità cittadina sarebbe ‘indirizzata’ contro il Piccolo. Chi può avere interesse a vedere chiusa una pagina di storia ? I sospetti sono imbarazzanti. Ma sono cose, queste, che fanno relativamente notizia in una città che ha già visto abbattuti Supercinema, Barium e Purgatorio, che ha visto chiusi per sempre il Teatro dell’Anonima e l’Anfiteatro, che per ragioni condominiali ha tenuto fermo il Kursaal per anniq e che, infine, ha fatto della sala dell’Oriente un casinò (soluzione, quest’ultima, prospettata inizialmente anche per il Margherita). Il problema è a monte. Premesso che almeno cinque su dieci dei locali aperti al pubblico a Bari hanno il loro scheletruccio nell’armadio, i protagonisti di questa penosa faccenda, mezze figure gelose e funzionari intransigenti al di là del buon senso, sono figli di un ‘clima’. Ebbene sì, la tronfia Bari metropolitana (la sesta in Italia), questa città cresciuta troppo in fretta dal 1813, perciò venuta su sbilenca e contraddittoria, pur riuscendo a organizzare eventi di portata anche mondiale, sotto la buccia si conferma città di provincia. Gesti come quelli che hanno portato alla chiusura del Piccolo sono la punta dell’iceberg di un pensiero rimasto legato al campanile, all’ottica dell’orticello avvolto dal muretto a secco, all’orizzonte asfittico del Circolo dei Notabili.
Italo Interesse
Pubblicato il 14 Ottobre 2025



