Cultura e Spettacoli

Ceglie Antica? No, ‘del Campo’

Piena di sorprese, la Storia ha ripetutamente decretato la nascita e la morte di città. Altri centri abitati, invece, hanno conosciuto ora un’impennata nel loro sviluppo, ora un lento declino, senza per questo sparire. Sono questi i casi di Bari e Ceglie del Campo, realtà sociali i cui attuali rapporti di forza si presentavano invertiti ai tempi dei Peuceti, il popolo sub-Japigio che abitò il barese prima di Roma. Attualmente rientrante nel IV Municipio, in precedenza Quartiere e prim’ancora frazione di Bari, Ceglie del Campo è stata comune autonomo sino al 1928. Non sempre però con questo nome. Sino al 1863 si chiamava solo Ceglie. Per distinguerla da Ceglie di Ostuni (oggi invece Ceglie Messapica) fu proposto di ribattezzarla Ceglie Antica. Ma i popolani, devotissimi alla loro Vergine (Maria Santissima del Campo è venerata nella Chiesa Matrice – vedi immagine) pretesero Ceglie del Campo. E prim’ancora di Ceglie?… Il suo nome più antico, Kailìa, risale ai tempi della Magna Grecia, epoca in cui questo centro abitato visse la sua gloria, come testimoniano importanti ritrovamenti archeologici. Come giustificare tanta fortuna senza disporre di un porto? Lo sviluppo della Barium latina e del relativo porto erano ancora di là da venire (e il loro avvento avrebbe segnato la fine di Caelia). Per capire come potette svilupparsi questo fenomeno bisogna considerare con maggiore attenzione l’aspetto geografico del sito cegliese. Malgrado l’antropizzazione selvaggia resta ancora traccia dei solchi erosivi nei quali ancora sino alla prima metà del Novecento si convogliavano le acque meteoriche precipitate sulla Murgia. Di queste ‘lame’ due lambiscono il territorio di Ceglie. La prima, Lama Fitta, scorre (oggi canalizzata) ad est dell’abitato prima di scendere lungo il percorso dell’attuale via Fanelli e toccare l’Adriatico all’altezza di Pane e Pomodoro. La seconda, Lama Baronale, che parte grosso modo da Acquaviva, dopo aver sfiorato Ceglie confluisce in Lama Picone, che una volta sboccava all’altezza di Marisabella. L’antica Kailìa-Caelia, dunque, era avvolta da due corsi d’acqua che, sfociando a distanza di una quindicina di chilometri l’uno dall’altro, offrivano all’abitato due differenti approdi. E chissà che non si trattasse di corsi d’acqua navigabili, poiché perenni e non stagionali (involuzione, quest’ultima, ascrivibile a determinanti e spontanei mutamenti idrogeologici). Solo un doppio scalo fluviale può spiegare la ricchezza della primitiva Ceglie. Necropoli così vaste, tombe monumentali del tipo a semicamera, dotate di corredi ricchissimi e una cinta muraria di cinque chilometri sulla quale si aprivano quattro porte segnalano una cosa sola, che la città era saldamente inserita nel florido mercato delle città magno-greche. Kailìa conservò una posizione di rilievo anche in età romana quando ribattezzata Caelia divenne ‘civitas sociorum’, come attesta la battitura di monete in argento e bronzo del III secolo avanti Cristo. Solo agli inizi del II secolo, a causa della progressiva ascesa di Barium, il cui porto andava potenziandosi come già prima detto, iniziò il declino della gloriosa Ceglie.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 14 Febbraio 2019

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