Cultura e Spettacoli

C’era una volta un piccolo naviglio…

C’era una volta un piccolo naviglio… Inizia così una filastrocca in musica composta nel 1908 non si sa da chi e successivamente portata al successo in forma di canzoncina da Ernesto Bonino e il Trio Lescano. Una cosa pensata nei giorni ancora romantici della navigazione, una di quelle robe tenere che richiamano alla mente il luogo comune della piccola imbarcazione comandata dall’intrepido capitano di turno, uno dalla barba bianca che, pipa in bocca, regge il timone mentre sul ponte sgobba la solita ciurma di marinai donnaioli e tatuati. Ancora agli inizi del Novecento un gran numero di velieri solcavano i mari di Puglia. Ma intanto da un buon mezzo secolo la propulsione a elica andava sostituendo quella a vela. In questa fase di transizione ebbero molto successo i motovelieri. Questa formula mista consentiva di risparmiare carburante col vento giusto e di guadagnare tempo, partendo comunque, quando il vento era assente o sfavorevole. Poi venne la guerra e una Patria sciagurata si ridusse a racimolare ogni risorsa nautica. I motovelieri vennero così armati. Muniti di qualche cannoncino e poche mitragliatrici, imbarcazioni pensate per la pesca o il trasporto da piccolo cabotaggio dovevano pattugliare le acque costiere. Se necessario, era loro compito intercettare il nemico e ingaggiare battaglia! Lenti, privi di corazza, di fatto disarmati, i motovelieri ‘da guerra’ potevano al massimo segnalare via radio la presenza del nemico e cercare rifugio nel primo porto. Ancora eleganti nella loro linea malgrado la presenza innaturale e posticcia di armi da fuoco, solcavano, vigili contro voglia, anche i mari di Puglia ai limiti delle acque territoriali. Uno di questi si chiamava Vulcania. Entrato obtorto collo nei ranghi della Regia Maria allo scoppio del secondo conflitto mondiale, si ‘fregiava’ della matricola di guerra : R 240. Il 9 settembre 1943 il Vulcania R 240 era in navigazione a un miglio e mezzo da S. Maria di Leuca quando entrò in contatto con due motosiluranti e una motozattera tedesca appena ‘evase’ dal porto di Taranto ; le unità tedesche avevano ricevuto l’ordine di puntare verso Trieste e di arrecare strada facendo il maggior danno possibile al naviglio ex alleato e ‘alleato’ ; cosa che effettivamente fecero (il bottino fu : quattro navi affondate e altrettante catturate), tanto che il comandante della micro formazione, il capitano Klaus Degenhard Schmidt venne insignito della Croce di Guerra. La motosilurante tedesca affiancò il Vulcania e ingiunse ai 18 uomini dell’equipaggio di prendere posto sull’unica scialuppa. Dopo di che il Vulcania saltò in aria per applicazione di una mina. Il boato fece scattare l’allarme a terra e le batterie costiere spararono una trentina di colpi contro le motosiluranti in fuga, mentre diciotto naufragi stivati dentro una lancia vogavano in direzione opposta. In mezzo, in uno specchio d’acqua che andava placandosi affondavano i resti di un ‘piccolo naviglio’ che tanta voglia avrebbe avuto di navigare in pace. Era il Vulcania motoveliero di 90 tonnellate di stazza. Strappiamolo all’oblio ricordandolo col suo nome di pace.

 

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 23 Maggio 2013

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