Cultura e Spettacoli

Ceramiche apule a Palazzo Simi

E’ in corso a Palazzo Simi una mostra di ceramiche apule del IV sec. a.C. di origine prevalentemente peuceta. La singolarità dei reperti in esposizione, una settantina, consiste nel fatto che provengono tutti da scavi clandestini effettuati nelle aree di Bari e di Canosa ; recuperati dalle forze dell’ordine, i reperti sono stati ‘demanializzati’. Non essendo facile la classificazione di tale materiale di cui resta ignoto ogni dato di rinvenimento, i curatori della mostra hanno raggruppato i reperti in ragione delle funzioni a cui erano destinati, per cui il percorso di visita si snoda per temi : la mensa, la casa, la bellezza, l’amore… Un percorso emozionante per la percezione del crescente influsso del mondo greco, segnale del processo di ellenizzazione allora in atto. All’originale ceramica indigena, di tipo geometrico ed eseguito a mano, qui va poco a poco sostituendosi la decorazione lineare eseguita al tornio, per l’epoca una novità nelle nostre contrade. L’esposizione di Palazzo Simi segnala come la qualità artistica in quel periodo declinasse a favore di una produzione di quantità. Nella ceramica figurata questo passaggio è più netto. Si coglie che maestri appartenenti a scuole di pensiero differente ora cooperano nelle botteghe e che – eterna legge di mercato – l’abbassamento del costo del prodotto finito influisce beneficamente sullo smercio. Nei mercati si fanno strada articoli meno ricercati ma dal prezzo accattivante. I figuli ‘indigeni’ si accorgono di vendere meno, magari provano ad abbassare le pretese, poi prendono atto di non poter competere con la serialità produttiva del tornio. L’unica è chiudere bottega o investire i risparmi in un tornio, ma in questo caso bisogna anche imparare ad usarlo… Perciò gli artigiani più giovani e intraprendenti fanno fagotto ed emigrano in Grecia da cui torneranno commercialmente agguerriti. Gli artigiani della vecchia guardia, invece, si rassegnano ad andare a bottega dai figuli greci emigrati nelle colonie. La diffusione del tornio da noi comportò una rivoluzione pre-industriale che alimentò anche un indotto (servivano più bestie per il trasporto del vasellame fino ai mercati, così come servivano maggiori quantitativi di paglia con cui avvolgere i manufatti, stuoie più grandi destinate a fare da spazio espositivo ad un campionario vasto come prima non s’era visto…). E la politica del basso prezzo invogliò a non lesinare quando c’era da arredare un sepolcro. Di qui l’abbondanza del materiale destinato a fine funerario, per tutta la gioia di tombaroli, ricettatori e collezionisti senza scrupoli. Dietro ognuno degli ‘avanzi’ in esposizione a Palazzo Simi c’è una storia che solo ad immaginarla mette in brividi. Vengono in mente quei personaggi che maneggiando un oggetto sono capaci di ‘vederne’ il passato. Chissà cosa si può ‘vedere’ a proposito di un’olla, una lucerna, un vaso, una ciotola…: Un artigiano dai caratteri somatici insoliti contratta in una lingua sconosciuta una partita di merce… un mulo arranca su una stradaccia che serpeggia tra boschi e torrenti in mezzo agli scorci mozzafiato di una natura incontaminata…un mercato vivacissimo dinanzi al porticato di un tempio dorico… mani umide di pianto consegnano  monete d’argento… incensi, giaculatorie, cose abbandonate accanto ad una salma… lo stridere di una pietra fatta scivolare a copertura di un sepolcro. L’oblio. Poi un giorno lontanissimo irrompe un tristo armato di metal detector ed è profanazione. Infine i Carabinieri… Sì, pubbliche o private, certe collezioni hanno un che di sacrilego.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 12 Aprile 2014

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