Cultura e Spettacoli

Certa memoria resti calda

Tra le undici vittime pugliesi alle Fosse Ardeatine figura Don Pietro Pappagallo, un sacerdote nato a Terlizzi nel 1888

Oggi ricorre il 79° anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Dei 335 Caduti, undici erano pugliesi. Non tutti sono ricordati convenientemente: Gli stradari di Barletta e Lecce tacciono a proposito di Gaetano Lavecchia (un ebanista) e di Federico Carola (Capitano della Regia Aeronautica). Hanno invece meritato una via Ugo Baglivo (un avvocato di Alessano), Umberto Bucci (un impiegato di Lucera), Teodato Albanese (un avvocato di Cerignola), Gioacchino Gesmundo (un docente di Terlizzi). Sono stati intitolati Istituti Scolastici a : Giuseppe Lotti (uno stuccatore di Andria) e Vincenzo Saccotelli (un falegname di Andria). A Ostuni, un Corso è stato dedicato ad Antonio Ayroldi, un Maggiore del Regio Esercito. A Ugo Stame, un partigiano e tenore di Foggia, la città natale ha intitolato un vico nel Rione Martucci, mentre Roma gli ha dedicato una via nel quartiere Spinaceto. Un Parco, a Roma, porta il nome dell’ultima vittima pugliese delle Fosse Ardeatine :  Don Pietro Pappagallo, un sacerdote nato a Terlizzi nel 1888. Giunto a Roma nel 1925, Don Pietro ricoprì diverse cariche ecclesiastiche. Durante l’occupazione tedesca collaborò intensamente alla lotta clandestina e si prodigò in soccorso di ebrei, soldati sbandati, antifascisti ed Alleati in fuga. Tradito, fu consegnato ai tedeschi. E’ stato decorato alla memoria con la medaglia d’oro al merito civile. A Roma gli hanno anche intitolato una sezione dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Una lapide lo ricorda sulla facciata della casa di via Urbano dove abitò. Il suo nome è stato inserito da Papa Giovanni Paolo II tra quelli dei Martiri della Chiesa del XX secolo. Si vuole che il personaggio di Don Pietro, il sacerdote protagonista di ‘Roma città aperta’, il celeberrimo film di Rossellini, sia ispirato a Don Pietro Pappagallo. In realtà il punto di riferimento per Rossellini fu altro religioso :  Don Giuseppe Morosini. Quest’ultimo, nato a Ferentino nel 1913 e già cappellano militare in Croazia nel 1941, all’indomani dell’8 settembre era entrato nella Resistenza. Tradito da un delatore, venne incarcerato a Regina Coeli e sottoposto a pesanti sevizie. Ma non tradì alcuno. Condannato a morte, fu fucilato dieci giorni dopo la strage delle Fosse Ardeatine. Morì il 3 aprile ’44 a Forte Bravetta, alla periferia della capitale. All’ordine ‘fuoco!’, dieci dei dodici componenti del plotone, che era composto da militari italiani, spararono in aria. Rimasto ferito dai colpi degli altri due, l’eroico sacerdote venne finito con due colpi alla nuca dall’ufficiale fascista che comandava il plotone. A Don Morosini fu conferita la medaglia d’oro al valor militare. ‘Roma città aperta’ doveva intitolarsi ‘Storie di ieri’, nascendo come un documentario sull’epopea di Don Giuseppe Morosini. Poi, nel corso della stesura, la sceneggiatura si arricchì di storie e di personaggi assumendo le dimensioni di un lungometraggio a soggetto, cosicché il finale (la fucilazione di Don Morosini), che doveva costituire il tema principale del documentario, divenne la conclusione drammatica di un racconto corale sulla vita quotidiana in una città dominata dalla paura, dalla miseria, dalla delazione e dal degrado. – Nell’immagine, un fotogramma della storica sequenza di ‘Roma città aperta’, il film di Rossellini del 1945, in cui Pina (Anna ) insegue vanamente il camion che sta portando via il suo Francesco, rastrellato insieme ad altri dai tedeschi.

Italo Interesse


Pubblicato il 24 Marzo 2023

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