Cultura e Spettacoli

Cesare fu figlio d’arte

Secondo successore di Pietro come vescovo di Antiochia, Sant’Ignazio, detto L’Illuminatore, venne imprigionato e condannato ‘ad bestias’ durante il regno di Traiano. Condotto a Roma nel decimo anno del regno dell’imperatore (dunque, il 107 d.C.), fu esposto alle fiere nel Colosseo durante le celebrazioni per la conquista della Dacia. Le sue ossa, in un primo momento ricondotte ad Antiochia, dal 637 riposano nella basilica di San Clemente al Laterano. Del truce episodio si conserva una sola memoria iconografica (vedi immagine). Per la calda cromia e l’accentuata luminosità, la tela – un olio di cm. 98 x 120 conservato nella Galleria Borghese a Roma – è attribuito a un pittore pugliese. Nato a Bisceglie il 9 ottobre 1605, Cesare Fracanzano fu figlio d’arte. Suo padre, Alessandro, un nobile originario di Verona era un pittore di maniera insediatosi in Puglia dopo il matrimonio, avvenuto nel 1602 con la biscegliese Elisabetta de Milazzo. Insieme al fratello Francesco, Cesare seguì il padre nei suoi spostamenti di città in città per eseguire decorazioni e da lui apprese i primi rudimenti dell’arte pittorica. Poi a Napoli entrò nella bottega di Jusepe de Ribera, tra i protagonisti della pittura napoletana ed europea del XVII secolo, nonché uno dei più rilevanti esponenti  del caravaggismo napoletano. Influenzato dal suo maestro, Fracanzano lo imitò a lungo prima di ispirarsi anche al Tintoretto, ai fratelli Carracci e a Guido Reni. Dopo molti anni di studio e lavoro a Napoli, Cesare Fracanzano nel 1626 tornò a Barletta, dove il 25 aprile sposò Beatrice Covelli, probabilmente sua modella preferita, come conferma la ripetizione tipologica che accomuna molte tele. Da Beatrice ebbe sei figli, l’ultimo dei quali, Carlo Antonio, nacque a Napoli nel 1640 a seguito dei frequenti spostamenti del Fracanzano imposti dalla necessità di assolvere impegni di lavoro che lo chiamavano a Napoli, a Roma e in altre località della Puglia. Fu anche in Francia, ma per sfuggire alle repressioni successive alla rivolta di Masaniello, in cui si era compromesso gravemente. Nel breve soggiorno oltralpe, dipinse “opere stimabili”. Lacerato dalla nostalgia della moglie e dei figli, affrettò il rientro. Mal gliene incolse poiché fu subito incarcerato. A tirarlo fuori dal carcere (e, chissà, a scansargli anche il boia) fu il suo protettore, il Principe della Rocca, che dovette fare pressione sul Vicerè di Napoli. Cesare Fracanzano non si spostò più dalla Puglia, dove continuò a lavorare moltissimo. Morì a Barletta tra la fine del 1651, data a cui risale il suo testamento, e il novembre del 1652, quando la moglie risulta vedova.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 9 Ottobre 2021

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