Cronaca

“Che pena quelle liste civiche snobbate da Decaro”

Da mesi il centrodestra barese non riesce a trovare la quadra per l’individuazione del candidato sindaco da proporre alle ormai prossime amministrative della primavera del 2019. Un disaccordo che non riguarda solo il nome da scegliere, ma soprattutto il criterio per la scelta. Infatti, da un lato ci sono i rappresentanti di Lega, Fratelli d’Italia e Dit-Nci (ossia ciò che ancora resta dell’area fittiana locale) che chiedono di scegliere il candidato sindaco attraverso il metodo delle primarie; dall’altro c’è il responsabile barese del partito di Berlusconi, il deputato Francesco Paolo Sisto, che di primarie non ne vuole proprio sentir parlare. Invece, il centrosinistra cittadino ha un problema interno esattamente opposto a quello del centrodestra, poiché il nome da proporre a Primo cittadino lo ha già ed è unitariamente quello del sindaco uscente, Antonio Decaro del Pd, ma paradossalmente appare diviso sulla composizione della coalizione che dovrà sostenerlo in campagna elettorale. Infatti, a sollevare la discriminante sulle liste che devono comporre la coalizione è stato Decaro stesso che, dopo il perentorio rifiuto dell’area barese della sinistra più radicale a far parte di una coalizione larga di centrosinistra comprendente anche liste civiche facenti capo ad alcuni transfughi del centrodestra, in particolare all’ex senatore forzista Massimo Cassano ed all’ex sindaco barese di centrodestra Simeone Di Cagno Abbrescia, ha dichiarato senza mezzi termini, ed in modo anche alquanto duro e forse anche sprezzante, di non essere affatto disposto ad avere nella propria coalizione elettorale per la riconferma a sindaco espressioni politiche che fino a qualche tempo fa erano organiche al centrodestra e che oggi invece sono entrate nell’orbita del centrosinistra o, forse meglio, nel variegato universo politico che fa capo al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, anch’egli in teoria del Pd come Decaro, ma sulla questione delle possibili alleanze (almeno in apparenza!) in netto disaccordo con quest’ultimo. Un distinguo, quello sollevato da Decaro, che – a detta di alcuni cittadini del capoluogo, ma anche di molti esponente politici locali – è incoerente ed ipocrita, se si considerano alcune vicende passate di cui lui stesso è stato artefice in precedenza, quando da sindaco ha accolto e favorito al Comune di Bari il passaggio nel centrosinistra di consiglieri eletti nelle fila del centrodestra proprio nella tornata elettorale che lo ha riguardato direttamente, ossa quella del 2014. I nomi? Basta vedere la composizione attuale della maggioranza di centrosinistra che sostiene Decaro nell’aula “Dalfino”. Infatti, come si ricorderà, il primo a passare da subito nelle fila del centrosinistra, ossia già alla prima seduta del consiglio comunale appena rinnovato nel 2014, fu il consigliere Vito Lacoppola eletto con l’allora lista del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. A ruota, nel novembre del 2014, passarono dall’opposizione in maggioranza i tre eletti (Anita Maurodinoia, Livio Sisto e Lucio Smaldone) dell’allora lista di centrodestra facente capo all’ex presidente della Provincia di Bari, Francesco Schittulli, fino all’ultimo e più recente “acquisto” di Decaro nell’aula “Dalfino” che è stato Romeo Ranieri, anch’egli proveniente dalle fila del centrodestra, in particolare dall’area politica che, nell’ex Pdl prima e Forza Italia dopo, faceva capo proprio all’ex senatore barese Cassano. Insomma, Decaro ora si mostra sprezzante e riluttante ad accogliere nelle proprie fila transfughi del centrodestra a cui lui stesso in passato ha sottratto consiglieri nell’aula “Dalfino” per portarli alla “corte” di Emiliano, ma anche alla sua. Precedenti operazioni di trasformismo politico, queste, che non sono avvenute di certo senza pagare “dazio”, nel senso che sono state date ben precise contropartite e garanzie non solo a livello regionale, ma anche comunale e di Città metropolitana. Per cui ora – agli occhi di molti addetti ai lavori – appaiono alquanto ipocrite le affermazioni del sindaco Decaro, che non solo respinge l’offerta di sostegno elettorale alla sua riconferma a sindaco di Cassano e Di Cagno Abbrescia, ma addirittura afferma di “non vendersi l’anima” in cambio di voti e, quindi, di non voler fare accordi per pagare “cambiali elettorali”. E proprio su tali sue affermazioni c’è chi più realisticamente ironizza domandando: “Ha forse dimenticato Decaro le ‘cambiali’ politiche che ha già pagato per continuare ad avere la maggioranza in consiglio comunale?” Quindi, la presa di posizione di Decaro contro le eventuali liste civiche formate dai transfughi del centrodestra come Cassano e Di Cagno Abbrescia alle prossime amministrative e che domenica scorsa hanno ribadito la loro offerta di sostegno altro non sarebbe che il tentativo del Primo cittadino barese di apparire come un novello “educando” della politica ideale e valoriale al fine di non perdere l’ala più di sinistra dell’originaria coalizione che ha già sostenuto Decaro nel 2014. Un’ala che nel consiglio comunale barese da tempo non annovera più alcun rappresentante, ma che invece in termini di prebende e di sottogoverno è stata evidentemente molto ben remunerata e, quindi, di “cambiali” messe all’incasso. I voti di una sinistra elitaria che, secondo Decaro, evidentemente potrebbero essere ben più “pesanti” di quelli che alla spicciolata dovrebbero e potrebbero portare i fuoriusciti della destra barese come Cassano e Di Cagno. Ma ciò che in questa vicenda forse fa più specie a tanti elettori baresi non è certo l’ipocrisia del sindaco Decaro e la sua presunta “durezza” e ritrovata “purezza” politica, quanto l’atteggiamento di coloro che, nonostante la conoscenza dei fatti recenti e pregressi, si siano lasciati passivamente “umiliare” (o, forse meglio, “schifare”) politicamente da Decaro. “Che pena….!” ha esclamato qualcuno, che con evidente ironia ha aggiunto: “E pensare che trattasi di personalità quasi tutte con un passato politico da primo piano nella nostra città!”. Ma evidentemente per costoro le aspettative di potere sono più importanti delle loro rispettive storie politiche personali.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 20 Novembre 2018

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