Chi la vittima, chi il carnefice?
Genere da pagina o da schermo, il thriller sarebbe negato per il palcoscenico, se però la scommessa capita nelle mani di gente come Jordi Galceran, Luciano Melchionna, Claudia Pandolfi e Francesco Montanari, ebbene, allora la cosa si rivolta come un guanto. ‘Parole incatenate’ è una produzione Ente Teatro Cronaca e Artù che sabato scorso ha gremito il teatro Traetta. Che entusiasmo alla calata del sipario e, dopo, quanti ammiratori affollati all’uscita dai camerini per salutare, strappare foto e autografi ai due protagonisti. Un successo ampiamente meritato. Pandolfi- Montanari è coppia affiatata che con grande duttilità si presta ai vertiginosi cambi di ritmo e di registro imposti dal testo e che una regia fantasiosa asseconda. Nello spazio di qualche decina di metri quadri, avvolti dalla cupissima scena di Alessandro Chiti che con fasto opportuno riproduce la fatiscenza di un cinema in abbandono, si snoda un intrigante gioco del gatto e del topo. Un gioco ad ‘assetto variabile’ poiché in mezzo a molti (anche troppi) colpi di scena, i ruoli si ribaltano ripetutamente, sì che alla fine si fatica a stabilire chi il carnefice e chi la vittima. Un donna è preda dell’ex marito, sedicente serial killer, il quale a suo modo chiede giustizia. Malgrado la situazione ‘delicata’, lei riafferma le sue ragioni. Ne viene un comunicare convulso nel corso del quale riaffiorano schegge (tenere) del comune passato. Nel confronto, rabbioso, che non esclude brevi digressioni comiche, i due si mettono a nudo, non del tutto però, sicché la sorpresa è sempre dietro l’angolo. In un clima claustrofobico la tensione lievita. Contemporaneamente cresce l’ansia anche in platea. E’ palese che quanto si svolge in palcoscenico sia finzione, eppure il ‘fatto’ ti prende, sembra di stare al cinema quando invece… Ora, che tanto abbia luogo all’interno di un teatro ha del miracoloso, al contempo segnalando il valore di un testo, la capacità della regia di renderne la forza attraverso la migliore direzione di interpreti comme-il-faut. ‘Parole incatenate’ riconcilia con l’arte scenica, arte che negli ultimi anni ha perso smalto, danneggiata da infauste ‘rivisitazioni’ dei soliti Shakespeare, Cechov, Pirandello… queste operazioni‘minimali’ pianificate allo scopo di gettare fumo negli occhi e spacciare per frutto di ricerca alternativa ciò che in realtà è figlia di un calcolo meschino. Un cartellone con un Ganceran in meno e un Ibsen in più allarga la platea degli abbonati. E la nuova drammaturgia costretta a languire, l’età media dello spettatore che tende a salire invece che il contrario?… Eh, les affaires sont les affaires. Ciò che conta è il presente. Il futuro (soprattutto quello del teatro), facendo paura, non interessa nessuno.
Italo Interesse
Pubblicato il 5 Febbraio 2014