Cronaca

Chiude il Cara di Palese: scoppia la rivolta degli operatori

Ha avuto l’effetto di una bomba la dichiarazione del Ministro dell’Interno intenzionato a chiudere i grandi centri di accoglienza per risolvere il tema ribollente dell’immigrazione e soprattutto dell’accoglienza. Proclami a buon mercato, populismo o che, il dibattito è subito cominciato infiammando politici e parti sociali e c’è chi, ovviamente, teme per il futuro di chi ci lavora, nei centri d’accoglienza sparsi per la penisola, a cominciare da quello di Bari-Palese. E così tra meno di una settimana e precisamente il 16 ottobre, a partire dalle ore nove in punto, i lavoratori del CARA di Bari-Palese protesteranno davanti Palazzo di Governo per il momento contro un bando di gara contestato dalle organizzazioni sindacali, che non garantisce continuità occupazionale ai circa 170 lavoratori attualmente impegnati nel servizio. Negli scorsi incontri con il Prefetto Pagano era stata manifestata la necessità, spiega Domenico Ficco – Segretario Generale Funzione Pubblica Cgil Bari, di approfondire alcuni passaggi poco chiari del nuovo bando di gara direttamente con il Ministero. Purtroppo, a detta della Prefettura, il Ministero ha preferito non rispondere. Oggi, a distanza di qualche settimana, ecco che il Ministro Minnitti in persona ha intenzione di chiudere entro un mese il Centro di Bari-Palese. <<Non entriamo nel merito delle scelte politiche sottese a questo tipo di intendimento del Ministro, ma una cosa è certa. A luglio è stata bandita una nuova gara per la gestione del Cara di Bari e, a gara ancora aperta, si procede con un annuncio di questo tipo. Che senso ha tutto ciò? E lo sono ancor di più i lavoratori che in queste ore sono venuti da noi a conoscenza di una comunicazione dell’attuale gestore attinente ad una riduzione del servizio di accoglienza a causa della “relocation” degli ospiti. Il Ministro, che parla di una visione complessiva del problema immigrazione, bene farebbe – per completezza della visione – a preoccuparsi anche del destino delle centinaia di lavoratori che per anni si sono dedicati all’emergenza immigrazione>>, puntualizza Ficco. Per il quale molto probabilmente si vuole puntare a una accoglienza “diffusa” provando a spostare gli ospiti presso i Comuni che aderiscono (o aderiranno) al sistema Sprar, gestito sempre dagli uffici di governo. <<Bene, allora occorrerebbe forse anche dichiarare che tutti quei posti di lavoro dei grandi centri di accoglienza non andranno dispersi, ma che sicuramente avranno un percorso ben definito di ricollocazione nell’ambito della nuova idea di integrazione che il Ministro ha intenzione di attuare a breve>>, conclude il segretario Funzione Pubblica Cgil. Che annuncia come non può essere accettato il concetto che quel lavoro sia stato utilizzato nel momento in cui c’era un’emergenza da affrontare ed oggi non serve più. Ecco spiegata la necessità di aprire un tavolo di confronto con Prefetto e Sindaco di Bari affinchè si possa gestire questa fase di transizione con tutte le garanzie possibili e la continuità lavorativa di tutti quegli operatori che per anni sono stati delegati a fronteggiare drammi umani e sociali. Intanto montano le reazioni alla proposta governative di chiudere, anzi, superare i grandi centri di accoglienza Favorevole, ad esempio, il primo cittadino milanese Giuseppe Sala ad andare verso il superamento dei grandi centri d’accoglienza, superare Isola Capo Rizzuto, superare Mineo, per passare a strutture piccole e meglio gestibili. Milano ha un centro di accoglienza medio-grande in via Corelli. Sala è d’accordo a chiudere anche quello? Il sindaco è cauto («vedremo») e subito dopo aggiunge: «Sull’immigrazione il problema è che i tempi per definire se gli immigrati possono rimanere o no in Italia sono lunghissimi e non si riesce a farli lavorare». In effetti solo il 10 per cento degli immigrati che arrivano in Italia ottiene il diritto allo status di rifugiato e che, invece di concentrarli nelle grandi città, bisognerebbe mandarli anche nelle zone agricole meno popolate. Meno diplomatica l’ex ministro di FI Maria Stella Gelmini: «Minniti usa parole di centrodestra, prendendo in mano una situazione che dimostra il fallimento delle politiche della sinistra sull’immigrazione. Aspettiamo i fatti, senza commentare solo parole». Forse il numero 1 del Viminale non ci ha pensato, ma se chiudono i centri di accoglienza e poi si trovano persone che bivaccano in periferia, dove abita la parte più debole della popolazione, non si farà altro che alimentare razzismo, soprusi e disagi, creando ghetti peggiori dei centri di accoglienza…

 

Antonio De Luigi


Pubblicato il 11 Ottobre 2017

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