Cultura e Spettacoli

Chrissy non sale in paradiso

Donnaccia. Non esiste epiteto peggiore per bollare il più antico mestiere del mondo. Mestiere che in molti hanno provato a raccontare. La lista si è di recente allungata del nome di Tonio Logoluso. ‘Chrissy delle siepi’ (Compagnia Teatro delle Onde), che domenica prossima esordisce al Teatro Don Luigi Sturzo di Bisceglie, è un modo insolito di toccare l’argomento. Vuoi perché in queste cose il teatro non si presta altrettanto bene che il cinema o la narrativa, vuoi perché qui il racconto scorre sul filo tagliente del giallo. Una prostituta viene uccisa, senza che alcun serial killer sia di mezzo ; l’assassino è più vicino alla vittima di quanto si creda. E il movente riserva un’ulteriore, sconvolgente sorpresa… Il colore plumbeo della messinscena è annunciato  dalla danza, un po’ macabra, che apre lo spettacolo e che vede coinvolti i quattro personaggi femminili (in scena c’è un solo uomo, che si ritaglia due cammei all’inizio e alla fine dello spettacolo). Uno spettacolo in rosa, verrebbe da dire, se il rosa non si sporcasse di sangue e del buio della ragione. Le premesse trovano conferma nel tono tagliente dei dialoghi, sempre serrati, così assillanti da sconfinare nell’innaturale. Rare oasi di tenerezza intervallano una pietraia del dolore estesa per circa un’ora. In questi intervalli, periodicamente, risuona la voce sommessa e amichevole di Piera Degli Esposti che ripete come un loop : ‘Ho conosciuto una donna di nome Chrissy. Dice che nella vita c’è sempre una buona ragione per vivere…’. Una voce che dà conforto, che giunge come da lontano, forse più dal fondo dell’inferno che dal sommo del paradiso. A ispirare questo latitare della speranza è la presenza di cinque brevi scalinate tronche, una per ogni personaggio. Non c’è altro in scena. Intorno a queste spezzate vie di fuga verso il Cielo (in ‘Chrissy delle siepi’ nessuno sale in paradiso) si muovono quattro donne affannate o rancorose a seconda dei momenti e un uomo irriducibilmente spietato. All’unico rappresentante dell’universo maschile (Mauro Leuce, di cui si è potuta apprezzare la buona presenza scenica) tocca la soma di una condanna senza appello ; però cercare le radici della piaga della prostituzione nella sola ipocrisia di uomini solleciti prima nel consumare sesso al sabato, poi nel comunicarsi l’indomani in chiesa suona riduttivo. Le navigate Ketty Volpe e Silvia Cuccovilla danno vita e con successo ai confronti più aspri, specie nel finale, quando i ritmi finalmente si allentano e si fanno più fruibili. Le giovani Marzia Colucci e Ambra Amoruso gettano sé stesse in campo con impeto lodevole. Da segnalare, infine, la sensibilità di La Mongolfiera, una casa editrice calabrese che, oltre ad aver avuto la sensibilità di inserire il testo di Logoluso fra i propri titoli (non tutte le editrici aprono alla drammaturgia), si è impegnata – dal momento che si occupa anche di produzioni teatrali – a sostenere la promozione di questo spettacolo oltre i confini regionali.

Italo interesse

 


Pubblicato il 12 Novembre 2015

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