Cultura e Spettacoli

Cocchieri vigliacchi, cavalli innocenti

Lungo i  muri perimetrali dei fabbricati che abbiano almeno un’ottantina d’anni sono ancora al loro posto grossi anelli metallici posti all’altezza di un metro e mezzo da terra. Servivano a carrettieri e vetturini per attaccare le briglie dei cavalli. Guardando la stessa città architettonicamente devastata dall’asfalto e dal cemento, invasa da una quantità irragionevole di automezzi in sosta e non, sembra incredibile che Bari abbia conosciuto i giorni dei trasporti a cavallo. E invece sino agli anni cinquanta una porzione dell’allora Piazza Roma (oggi Moro) era destinata alla sosta delle carrozze. Erano gli ultimi giorni dei traslochi e dei trasporti funebri a forza equina. Dalle frazioni si spingevano in città anche i caratteristici carri agricoli a due ruote, tra le quali zampettava abbaiando nervosamente l’immancabile volpino. E le strade del capoluogo erano ancora percorse da pattuglie di Carabinieri a cavallo. Alla periferia di Bari stalle e botteghe di maniscalchi trovavano posto dove ora sorgono depositi e pompe di benzina. Intorno al cavallo fioriva un rilevante commercio di fieno e biada, di articoli svariati che andavano dai finimenti alle mantelle contro la pioggia, dai paraocchi ai coprizoccoli in gomma dura per consentire una migliore presa sull’asfalto. E poi c’erano i cocchieri, gente raramente migliore delle bestie con cui lavoravano. Beoni, ruvidi, esosi e arroganti, difficilmente si facevano amare dal prossimo. Negavano precedenze, correvano più del necessario, guai a contrastarli, sapevano usare la frusta anche in modo improprio. Una volta, era il 1958, uno di questi vigliacchi travolse un ragazzo e fuggì (questi investimenti non erano infrequenti poiché le carrozze disponevano solo di un freno di stazionamento) ; ma poi il tipaccio venne individuato e punito esemplarmente, mentre il piccolo, pur malconcio, se la cavò (fonte : Gazzetta del Mezzogiorno). Così come non si facevano amare dagli uomini, questi tristi si facevano detestare anche dalle loro bestie, che vessavano, salvo prima o poi pagarla una volta per tutte e a caro prezzo. Sentite questa (che ci è stata raccontata da un anziano) : Nei giorni dell’occupazione alleata, lungo la salita del sottovia di S.Antonio, un carrettiere era sceso dal suo mezzo per meglio frustare il cavallo che arrancava sotto il peso di un carico spropositato. E batteva, batteva senza pietà sulla schiena del povero animale accompagnando i colpi con bestemmie orribili. Si trovò a passare una Jeep della Military Police. L’ufficiale che era a bordo (un britannico) ordinò di fermare, scese, raggiunse il carrettiere, gli strappò la frusta di mano e con quella si mise a picchiarlo con la stessa ferocia poco prima patita dall’innocente quadrupede. Non bestemmie, ma un reiterato ‘italian bastard’ accompagnavano ogni frustata.
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Pubblicato il 24 Novembre 2011

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