Cronaca

Colmata dell’Ansa di Marisabella, opera inutile e dannosa

 

I primi semi per la nascita del  Comitato Fronte del Porto risalgono all’anno 2000 per opporsi alla costruzione  della seconda colmata di 30 ettari di cemento  nell’ansa di Marisabella  che corrisponde allo specchio d’acqua antistante la Fiera  del Levante dal CUS al Molo Pizzoli che si estende per 50 ettari di cui 20 già  coperti da parziale colmata utilizzata per un parcheggio tir sul mare. Alla questione della colmata di Marisabella, grande opera da realizzare priva della valutazione di impatto ambientale in una delicata area a rischio idro-geologico, interessata da importanti falde sotterranee provenienti dall’entroterra, si sono aggiunte nel tempo  numerose altre problematiche ambientali e urbanistiche all’attenzione del Comitato Fronte del Porto   nell’ambito della portualità connesse al  rapporto con la città, quali: l’ambizione che  quella ulteriore colmata sarebbe diventata per  il porto di Bari un terminal container, contenuta persino in un accordo di programma che fu approvato in consiglio comunale  solo dalla maggioranza  al tempo della Giunta Di Cagno Abbrescia, ambizione poi rimessa in discussione pur permanendo l’ipotesi di colmata, il traffico pesante dei Tir e la mancata camionale prevista all’interno di una vasta area di lottizzazione “Marbella” di fronte al porto, stranamente però  mai  pensata come Area logistica dei servizi portuali, ma anche la distanza considerevole tra il porto di Bari e le grandi arterie stradali, un varco portuale da anni chiuso difronte alla via Caracciolo che si apre per miracolo solo durante il  periodo fieristico. Poi, come ricorda bene l’ex consigliere comunale Matteo Magnisi da tre lustri impegnato con altri volontari e associazioni contro una tra le peggiori colate di cemento sulla Città, c’è il problema dei mercati generali di via Caracciolo, in condizioni di grande precarietà strutturale ma in lentissima dismissione e un asse nord-sud, oggi ponte Adriatico, in pieno centro urbano da inibire ai Tir come già acclarato, senza parlare del vecchio  progetto di interramento  del lungomare,  sventato, che avrebbe portato migliaia di Tir in Via Tommaso Fiore ma che oggi transitano in via di Maratona da 10 anni, la cancellazione dei tracciati ferroviari da e per il porto e la modalità ferroviaria dimenticata in raccordo con l’interporto, le attività di canottaggio del CUS  in pericolo nell’ansa di Marisabella, con buona pace del presidente del Coni fino a qualche giorno fa e  già assessore all’Urbanistica del Comune di Bari e i numerosi  fenomeni di innalzamento dell’ acqua di falda nei sotterranei del libertà e del cimitero verificatisi già dopo la prima colmata. Da considerare infine per Matteo Magnisi un porto “fortino” quello di Bari, da  repubblica autonoma  invalicabile , inaccessibile, impercorribile  e impermeabile ai cittadini e ai turisti, in presenza di un centro storico invece da valorizzare e da interconnettere, un porto quello di Bari più “fortino” per la città e più di quanto spesso non lo abbia dimostrato con le falle nei controlli doganali. Insomma, una grande opera di colmata non solo in assenza di VIA come abbiamo detto,  ma anche di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e con autorizzazioni regionali  vecchie e scadute, (pareri paesaggistici, autorizzazioni al dragaggio) risalenti alla prima colmata(fine  anni 90 del ‘900). Tutta questa serie di problematiche collegate quindi  al rapporto città/porto,  hanno portato  alla nascita del Comitato di associazioni  “Fronte del Porto”. Tra le proteste del comitato guidato da Matteo Magnisi e Silvana Grilli il blocco stradale di via di Maratona, alla quale intervenne l’allora Assessore alla viabilità Decaro rassicurando i cittadini  funestati  dall’ incessante traffico di migliaia di Tir al giorno sotto casa. Ma torniamo ai fatti. Il Comitato si vide costretto a portare nel 2007 la questione della colmata sulla strada giudiziaria con  un faticoso  ricorso al Tar Puglia per l’assenza di VIA e un esposto alla Procura del 2007 con la richiesta del sequestro preventivo dell’area. Ricordiamo la fatica di quei giorni per la ricerca affannosa di un avvocato che potesse  portare in giudizio, L’Autorità Portuale, il Ministero dell’Ambiente, Il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, il  Ministero per i  beni culturali e la Regione Puglia. Tutti gli avvocati amministrativisti di Bari, anche noti,  che ci erano sembrati più sensibili e competenti in materia amministrativa e ambientale e anche i più vicini non accettarono il mandato e alcuni anche motivandolo (omissis). Solo un avvocato di Trani sposò la causa, l’ Avv. Amerigo Maggi. Il ricorso con numerosi  firmatari, associazioni, comitati e cittadini con capofila L’Arca Centro di Iniziativa Democratica, fu dichiarato inammissibile, con motivazioni che subito ci sembrarono a dir poco fantasiose, ricorda ancora l’ex consigliere Magnisi. Per Il Tar Puglia tra le associazioni ricorrenti, si eccepiva, non ce n’era una a carattere nazionale e i numerosi cittadini ricorrenti, si eccepiva, non avevano presentato il certificato anagrafico di residenza). Non si riuscì a presentare ricorso al Consiglio di Stato, facendone scadere i termini, per il rifiuto di alcune importanti associazioni aderenti al Comitato ad e per l’impossibilità di coprire le spese legali. Conclusione? “L’allora Procuratore della Repubblica di Bari Roberto Rossi ci disse che l’esposto non poteva avere seguito perchè il reato non si era ancora consumato, non essendo stato ancora aperto il cantiere ma solo  avviate le procedure di appalto”. Ma siamo ancora nel 2007….

 

 

 

Francesco De Martino

 

1.3 (continua)


Pubblicato il 29 Marzo 2017

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