Cronaca

Colpo di spugna del Governo sul falso olio extra vergine d’oliva

Nel comparto agroalimentare dell’olio italiano di qualità ora si rischia di passare definitivamente dalla farsa alle comiche. Infatti, appena una settimana fa il ministro alle Politiche agricole del governo Renzi, Maurizio Martina, si è complimentato con il Corpo Foresta dello Stato per la recente operazione pugliese di controllo e smascheramento di un presunto falso olio extra vergine d’oliva ‘Made in Italy’  per un quantitativo di circa 7000 tonnellate, che in realtà sarebbe olio importato da Paesi comunitari (Grecia e Spagna) o, peggio, di nazionalità extracomunitaria, quale Tunisia, Marocco o Siria, dichiarando inoltre che “Chi danneggia un settore così strategico come quello dell’olio va punito con la massima severità”, però già venerdì scorso (ossia a meno di una settimana da quando il ministro alle Politiche agricola plaudiva alla brillante operazione del Cfs, auspicando “massima severità” nel perseguire i falsari del ‘made in Italy’) il governo ha depositato in Parlamento una bozza di decreto legislativo con cui si intende depenalizzare dal piano penale a quello amministrativo la sanzione prevista per chi abusa del ‘made in Italy’ nella classificazione e commercializzazione di olio d’oliva non di produzione nazionale, in violazione sia del regolamento Ue 29/2012 che del Reg. Cee 2868/’91 sulle caratteristiche degli oli alimentari. Infatti, lo schema di decreto, sottoposto al vaglio parlamentare,  all’articolo 3 prevede che “chiunque non indica sull’etichetta dell’olio extravergine di oliva, dell’olio di oliva vergine, dell’olio d’oliva composto da oli d’oliva raffinati o oli d’oliva vergini, e dell’olio di sansa di oliva preimballati le informazioni previste per le rispettive categorie…, ovvero le indica in maniera difforme, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 1.600 ad euro 9.500”. “Già così sembra solo uno scherzo di cattivo gusto” ha ironicamente commento il presidente di Confagricoltura Puglia, Donato Rossi, che, proseguendo, ha rilevato: “Non si può pensare che tale pena pecuniaria, seppure nel massimo della previsione, possa essere anche lontanamente compensativa dell’immenso vantaggio che l’utilizzo della dizione può garantire” ad aziende disoneste ed imprenditori del settore avvezzi al malaffare. Infatti, leggendo nel dettaglio anche l’articolo 4 dello schema di decreto depositato la scorsa settimana dal governo Renzi in Parlamento, si ha un quadro ancor più completo del progetto che il ministro delle politiche agricole in  tal modo si appresta a varare. Sotto la dizione “designazione dell’origine”, si spiega che “salvo che il fatto non costituisca reato”, chiunque non indichi l’origine degli oli o ne indichi una in modo difforme da quanto disposto dal regolamento comunitario, oppure riporti in etichetta e nei documenti commerciali segni, figure e illustrazioni in sostituzione della designazione dell’origine o che possano evocare un’origine geografica diversa da quella indicata “è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 1.600 a euro 9.500”. Normativa, questa, che se sarà approvata, oltre a gettare un vero e proprio colpo di spugna su tutti gli scandali emersi dalle inchieste della magistratura, non ultimo quello recente della Dda di Bari, manderà – come suole dirsi – a carte quarantotto tutte battaglie fatte finora dai produttori italiani di olio extravergine d’oliva di qualità, per difendere il Made in Italy dal fenomeno della contraffazione e da quelle frodi che sfruttano l’italian sounding per accaparrarsene l’enorme margine di vantaggio competitivo ed economico che questo garantisce. E la bozza di decreto legislativo presentata recentemente dal Governo sembra proprio che punti a disfare tutto ciò che si è fatto per tutelare sia le produzioni che i marchi nazionali di qualità. Infatti, il presidente di Confagricoltura Puglia ha concluso la nota di protesta contro la bozza di decreto depositata dal Governo lo scorso 11 dicembre a Montecitorio affermando: “Tutto ciò è incomprensibile oltre che inaccettabile. Il Parlamento deve assolutamente rigettare questa bozza di decreto legislativo e spingere perché se ne disegni uno che dia invece forza alle leggi e ai regolamenti preesistenti, alla ricerca che sempre più avanza e migliora le tecniche di repressione delle frodi, agli sforzi degli organi di controllo, al lavoro della magistratura. Una normativa che soprattutto non mortifichi i tanti operatori del settore che onestamente ogni giorno lavorano per produrre e commercializzare uno dei prodotti che meglio rappresenta l’Italia nel mondo”. In effetti, la nuova proposta sanzionatoria, da penale ad amministrativa, presentata dal Governo per i “contraffattori” del ‘made in Italy’ sembra pensata più per tutelare coloro che incappano nelle frodi commerciali che per i frodati (nello specifico consumatori e produttori di vero olio extra vergine italiano). Ed al riguardo c’è già chi tra gli addetti ai lavori spiega il perché di tale scelta, illogica per produttori e consumatori, ma non di certo per il governo italiano che così facendo vuole forse assicurarsi che gli importatori nazionali di olio d’oliva continuino a ritirare partite di olio straniero, per dare pieno seguito agli accordi bilaterali con i governi di Paesi, come la Tunisia, anch’essi produttori di olio d’oliva che viene introdotto sul territorio nazionale essenzialmente per ragioni di natura politica, ma che mette però a rischio la redditività di produttori e commercianti onesti del comparto, in quanto il ‘ciclo’ economico produttivo viene falsato da un eccesso di prodotto straniero sul mercato interno. Ma questo, probabilmente, interessa poco ai governanti italiani che, evidentemente, più che all’economia della filiera olivicola nazionale, hanno a cuore ben altri propositi. Insomma, ancora una volta per gli olivicoltori e produttori di olio italiani il gioco è di ‘Davide contro Golia’. Ed in questo settore a dare manforte a ‘Golia’ c’è evidentemente anche il Governo che non è stato in grado di tutelare il comparto neppure per il regime di aiuti comunitari, che da quest’anno per gli olivicoltori risulta decurtato di circa il 42% rispetto a quello degli anni precedenti all’ultima riforma. E ciò con buona pace delle Organizzazioni categoriali che, anziché difendere a denti stretti nelle sedi competenti il reddito dei rappresentati, già da tempo sembrano in ben altre faccende affaccendate.      

 Giuseppe Palella

  

 

  

 


Pubblicato il 15 Dicembre 2015

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