Cronaca

Con la fumata bianca un possibile rinnovamento della chiesa?

Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliare dell’Aquila, qualche tempo fa è stato indagato dalla procura della repubblica del capoluogo, ove esercita il suo ministero, nell’ambito dell’inchiesta sui cosiddetti “Fondi Giovanardi” per la ricostruzione  post terremoto, per divulgazione di segreto d’ufficio, per falsa testimonianza. Dobbiamo, però, affrettarci a precisare che da siffatte gravi accuse il presule è stato assolto con formula piena ché il fatto non costituisce reato. NOI, comunque, siamo dell’ avviso che, venga un imputato condannato da un tribunale o assolto, non, sempre, la verità processuale è speculare della verità dei fatti. “Tamen”, poiché rispettiamo le sentenze dei tribunali, sia l’onore restituito a don giovanni. Il quale, per fare un favore al sindaco di roma, alemanno, di cui è amico, tra croci celtiche, saluti romani, cori fascisti, in una chiesa della capitale ha officiato i funerali di pino rauti. E’ inutile ricordare ai nostri 25 Lettori cosa il defunto, testé nominato, ha rappresentato all’estrema destra del panorama politico italiettino. La morte non cancella la miserabile storia dei piccoli uomini, egregio don giovanni! Eppure, l’ausiliare, che è di casa nelle reti rai, “maitre a penser”, tuttologo, quasi, ospite in diversi programmi di essa,  s’è augurato, in uno di essi, che il futuro papa parli due lingue: quella di dio e quella degli uomini. Apparente chiarezza quella di don giovanni! In realtà, egli non  s’è augurato che il futuro papa, sulla scia dei papi che hanno governato la chiesa cattolica, da oltre duemila anni a questa parte, continui a parlare, si fa per dire, la lingua di dio, “sed” la sua affermazione, così come è stata licenziata via etere, quanto meno lascia  presumere che il prelato abbia, consapevolmente o meno, colto, sorpreso da un “lapsus linguae”, operato l’ellissi dell’avverbio finalmente, per cui l’interpretazione autentica dell’augurio d’ercoleiano deve riferirsi al possesso, da parte del successore del ratzinger, della lingua di dio, di cui gli altri papi, che nella storia del papato della chiesa cattolica si sono succeduti sul supposto trono di pietro, sarebbero  stati carenti. A meno che il d’ercole, non augurandosi, affatto, una discontinuità rispetto al passato, non abbia voluto ribadire che la vera, cristallina lingua di dio sia quella che i papi, l’alto, basso clero cattolico hanno, ognora, usato da quando “verbum catholica ecclesia factum est”. Prima di, brevemente, chiarire in cosa consista la lingua di dio, vogliamo Dissentire dall’uso e l’abuso che, in questi giorni di “sede vacante” del capo dello stato del vaticano, s’è fatto della parola ”dio”. E dio ispira i cardinali e dio scende sopra di loro e dio ha già deciso chi tra i cardinali sarà il prescelto a guidare la sua chiesa! Una litania recitata senza pudore, senza rispetto non solo della Verità ma, anche, della Intelligenza  dei destinatari sgamati o, pur incolti, con Mente sveglia, di essa ché, giammai, elezione a qualsiasi scranno di qualsivoglia istituzione nel tempo e nello spazio è stata, così mondana, geopoliticamente, mondana, quanto l’elezione dei papi. Nonostante il portavoce della santa (??) sede, ogni giorno, si affanni ad informare “urbi et orbi” che i cardinali si riuniranno nell’ennesima “congregazione generale” per discutere, per scremare dalla palude del numero i possibili papabili, alla fine si coprono i prosaici inciuci, alleanze, patti, accordi con un alone metafisico e si spiega l’adagio “chi entra papa nel conclave, ne esce cardinale” con l’intervento, per chiudere ogni discussione, divisione tra i “prìncipi” della chiesa, di dio. E il “giornalistume”, senza battere ciglio, dimentico dei suoi doveri verso la Razionalità, se non verso la Verità, della sua deontologia professionale, assevera quanto i ”talarati” hanno blaterato non per fede, sebbene per opportunità della più spregevole politica, cioè per tenere legate le masse acefale alla menzogna, che si risolve in più prestigio, quando non in più potere, eziandio, finanziario, per essi. Lasciando perdere l’annosa, inutile, ché non scientifica, diatriba se dio esista o non esista, se egli sia o non sia stato l’ ”artifex” del Tutto, Ci Preme Denunziare a Chiare Lettere che i primi a disubbidire alle sacre scritture, al codice morale di comportamento (a dire il vero, elaborato, per rafforzare il controllo sugli incatenati dalle secolari catene, in consonanza con la prassi del potere secolare che, tra l’altro, si ritiene al di sopra dell’Etica e di ogni “dictat” moraleggiante) sono proprio gli incardinati ad ogni livello, specie ai più alti, nelle “indegnità” carrieristiche della chiesa cattolica. In questi giorni per Motivazioni di Studio abbiamo Ripreso la Figura e le Opere del cardinale Umanista, Pietro Bembo, Colui che, per Primo, Regolò in modo sicuro e coerente la Lingua Italiana, FondandoLa sull’Uso dei Massimi Scrittori Toscani. Ebbene, pur, secondo la tradizione cattolica, avendo, ufficialmente, pronunziato il voto di castità, il nostro Pietro a ferrara nel 1502 ebbe una relazione con lucrezia, figlia del papa alessandro VI borgia, padre, anche, di cesare, moglie del duca alfonso d’este, per, poi, a padova,  avere, come amante, tal nobile faustina, dalla quale ebbe un figlio. Ebbe la berretta cardinalizia nel 1539 dal papa paolo III. Che dire, ancora, per venire ai nostri giorni, del cardinale keith o’brien, denunciato da tre sacerdoti per molestie sessuali nei loro confronti, perpetrate nel 1980, egli che ha, sempre, condannato l’omosessualità come immorale e  considerato i “matrimoni gay pericolosi per la salute fisica, mentale, spirituale delle persone coinvolte”? Disubbidienza, abbiamo Detto, da parte dei consacrati con o senza zucchetto rosso, perfino, ai dieci comandamenti.” Non pronunziare il nome di Dio invano”, proclama il secondo comandamento: il nome con cui dio si rivela è jhawè che significa ”Io sono colui che sono” e impone l’obbligo di non gettare alle ortiche questo nome, cioè, Dice padre Bianchi, di non piegare il signore ai nostri desideri, di non strumentalizzarlo per scopi politici, per progetti di potere, di non considerare responsabile dio di atti, di azioni, come, ad esempio, l’elezione di un papa che, da sempre, ha risposto a mire, aspirazioni, brame umane. Dell’elevazione al papato dell’arcivescovo di cracovia, wojtyla, quando in polonia “solidarnosc” stava dando possenti spallate al regime comunista polacco che si sarebbero diffuse per tutto l’impero sovietico, anche, grazie agli aiuti finanziari che partivano dai talleri vaticani, un dio, veramente, esistente non sarebbe  stato mallevadore e, magari, l’operazione politica sarebbe stata sviluppata contro la sua volontà. Epicuro e Lucrezio Ipotizzavano che dio e gli dei esistono ma non si occupano dell’uomo ché vivono negli “ intermundia”, cioè in spazi situati tra gli infiniti mondi reali, e del tutto separati da questi: essi, perciò, non hanno alcuna esperienza dell’uomo. Specialmente, del Dolore dell’uomo, delle sofferenze degli ultimi, degli oppressi. Invocarli, pregarli,, supplicarli ? Fatica sprecata, essi non ascoltano! Non ascoltò dio le preghiere di nostra madre che vedeva morire il suo Primo figlio; non ascoltò dio il pianto, non s’accorse delle immani sofferenze di sei milioni di ebrei,”genocidiati” da hitler; non calmò, non calma dio le onde del mare e le profondità di esso sono la bara dei pellegrini della Speranza in fuga dalla miseria, dalle guerre in tanti  paesi del terzo mondo. Nella canzone ”Il Testamento di Tito” Fabrizio De André così Canta: ” Non nominare il nome di Dio, / non nominarlo invano. /Con un coltello piantato nel fianco / gridai la mia pena e  il suo nome: /ma forse era stanco, forse troppo occupato /e non ascoltò il mio dolore.  / Ma forse era stanco, forse troppo lontano, / davvero lo nominai invano.”. La lingua di dio, dice don giovanni d’ercole, dovrebbe usare il nuovo papa. Quale  lingua? Quella spietata dell’ ”inquisizione”? Del “concilio di trento” e della controriforma ? Quella del “sillabo”, composto da pio IX ? Quella della “rerum novarum” di leone XIII, così prudente nell’aprire la pastorale vaticana al Mondo del Lavoro e ad una ingenua, aurorale giustizia sociale ? Quella dei diplomatici silenzi di pio XII sugli inenarrabili campi di sterminio nazisti ? Quella dei silenzi delle chiesa cilena e argentina sui delitti dei despoti colà instauratisi, anche, mercé la tolleranza, quando non il consenso, delle medesime alla dittatura dei militari ? Dice Simone Weil: ”Quando Ponzio Pilato domandò a Cristo: ‘Che cos’è la verità ?’, Cristo non rispose. Aveva già risposto dicendo: ‘Io sono venuto a portare la testimonianza della verità’. C’è solo una risposta. Verità sono i pensieri che sorgono nello spirito di una creatura pensante che sia totalmente, esclusivamente desiderosa della verità”. Solo il Bene è il Fine, e lo scopo, mai confessato dai preti cattolici, è quello d persuadere i fedeli che è comodo non Pensare, basta accettare i dogmi e gli articoli “di fede stretta”; non di Illuminarli  che la potenza, universalità della chiesa di cristo (?), ancorché il fine, potrebbe essere il Mezzo per Cercare la Verità e Realizzare la Giustizia. La parola sulla bocca di tutti in questi giorni è il “rinnovamento” che  si aspetta dal nuovo papa. Nel “De civitate dei” sant’agostino diceva: ”Remota itaque iustitia, quid sunt regna nisi magna latrocinia ?”. Parafrasiamo: dimenticata la giustizia, come si può distinguere lo stato, uno stato,  la chiesa cattolica, dissolta, chiusa negli orizzonti dello stato del vaticano, foscamente, spesso, mondani, da una banda di briganti ? Vadano i papi nei bronx, nelle bidonville, nelle favelas, nei quartieri degradati delle grandi metropoli; s’incontrino, esclusivamente, con gli ultimi, con i diseredati, con i segnati dalla miseria, dalle malattie; rifiutino incontri, colloqui con i potenti; visitino gli inferni di questo mondo e torneranno, rinnovati e rinnovanti, a rivedere le stelle e riusciranno,  novelli Dante, a Intuire Dio, a ImmaginarLo come  una Forza Invincibile, Capace di estirpare il Male dalle umane relazioni in quanto “Amor che move il sole e le altre stelle”.

Pietro Aretino, già Detto Avena Gaetano

pietroaretino68@email.it       


Pubblicato il 13 Marzo 2013

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