Cronaca

Concordia:I legali di tre membri dell’equipaggio chiedono tre milioni

Se solo il comandante Francesco Schettino avesse dato l’allarme generale sin da subito, si sarebbero salvati tutti i passeggeri dell’ormai famosa Costa Concordia. Una storia ormai sentita decine e decine di volte, ma che questa volta porta con sé un carico ed una frustrazione pesanti circa tre milioni di euro. La Costa Concordia ha cercato di risarcire tutti i membri dell’equipaggio con il pagamento di una cifra irrisoria, ammontante a circa 10mila euro, pagamento avvenuto subito dopo il disastro del 13 gennaio. Ma tre membri dell’equipaggio hanno deciso di citare in giudizio la compagnia, a fronte di problematiche fisiche e psicologiche, richiedendo una cifra nettamente superiore ai 10mila euro offerti dalla Costa. Si tratta del secondo metre Onorini, dello chef Colombo e del tecnico di macchina Monteleone, tutti di Pizzo Calabro, che hanno preferito seguire un’altra strada, quella della giustizia, perché dopo quel 13 gennaio, la loro vita è completamente cambiata. Non riescono più a salire su una nave, l’ansia e l’angoscia che li accompagna, non gli fa vivere una vita tranquilla neanche sulla terraferma. “Al momento dell’impatto, mi trovavo esattamente dove ora c’è lo scoglio – ha spiegato il metre Onorini, attualmente è assente giustificato dal lavoro per malattia, dopo notti insonni – Pensavo fosse a causa del mare agitato, ma quando sono arrivato sul ponte, ho capito che la situazione era ben diversa. C’era gente che urlava, bambini che piangevano, panico dovunque. I passeggeri erano piuttosto aggressivi e continuavano a chiederci notizie in merito, ma non sapevamo nulla neanche noi. Quando il Comandante ha annunciato che si trattava di un guasto tecnico, la gente si è quietata, ma subito dopo la nave ha iniziato ad inclinarsi. Era evidente che non c’era nessun guasto tecnico. Solo dopo un’ora e mezza, il Comandante Schettino ha lanciato l’allarme di allerta generale e così abbiamo iniziato a sganciare le lance e gli zatterini, ma oramai la nave si era completamente arenata su di un fianco” ha concluso Carmelo Onorini. A rappresentarli gli avvocati Davide Romano e Claudio D’Amato, con l’incarico di citare la Costa Crociere per chiedere un risarcimento del danno per oltre 3milioni di euro. “Un incidente di quella portata non può dipendere solo da un errore umano, ma anche da una causa di tipo ambientale ed una di sistema – ha spiegato l’avvocato Romano – E’ necessario individuare tutte le cause dell’incidente, senza tralasciare nulla. Non è possibile che il Capitano Schettino abbia fatto tutto da solo e allora ci domandiamo come sia possibile che la Capitaneria di Porto di Livorno non abbia visto la nave Concordia andare contro gli scogli e perché non abbia dato l’ordine di fermo. La Capitaneria ha il compito di controllare tutti i percorsi e molto spesso, anche se un solo peschereccio va fuori rotta, sono costretti a richiamarlo. E’ molto strano che non abbiano visto una nave decisamente più grande di un peschereccio andare fuori rotta. Forse il gps della Costa era spento o non funzionante”. Un nuovo triangolo delle Bermuda, quello all’Isola del Giglio, secondo l’avvocato Romano, poiché in quel tratto di costa sono avvenuti numerosi incidenti non solo marittimi, ma anche aerei, a volte persino inspiegabili, “dunque, appare evidente la necessità di procedere con un accertamento tecnico” ha dichiarato l’avvocato. Non solo, anche la maggior parte dell’equipaggio della compagnia era poco preparata all’emergenza, infatti molti passeggeri accompagnati sulla terraferma con le lance, sono giunti disidratati, questo perché la maggior parte dei membri dell’equipaggio, per assurdo, non era a conoscenza che sulle stesse c’erano acqua e viveri per tutti. Inoltre, anche gli zatterini presentavano numerose disfunzioni durante le fasi di salvataggio. “Si tratta di accertamenti e di controlli che andavano fatti prima. Le zattere purtroppo non si aprivano, abbiamo persino rischiato di rimanere incastrati. Dopo il blackout – ha poi proseguito il tecnico della sala macchine, Monteleone – mi sono vestito velocemente e mi sono diretto in sala macchine per accertarmi che fosse tutto in ordine. Ma solo dopo 10 minuti dall’urto, la sala era completamente allagata, così sono tornato sul ponte e ho aspettato con gli altri gli ordini del Capitano”. Storie che seppur ascoltate migliaia di volte, lasciano sempre un po’ di amaro in bocca, al ricordo di quelle vittime che hanno pagato caro un errore che è stato prima di tutto umano. A causa dell’eccessivo ritardo con cui il Comandante Schettino ha lanciato l’allarme, molta gente è dovuta tornare in cabina a prendere il salvagente, quando ormai era troppo tardi che le stesse erano già completamente allagate. “Molta gente è rimasta in cabina, non riuscendo più ad uscirne. Il personale non era sufficientemente informato ed addestrato, alcuni non erano neanche in grado di mettere in mare le scialuppe” ha sostenuto lo chef Colombo, che subito dopo la tragedia della Costa Concordia, ha perso sua moglie, malata di tumore già da tempo, la quale ha rifiutato tutte le cure dopo la tragica vicenda. Nessun ufficiale di bordo, nessuno che fosse in grado di risolvere la situazione, così i membri dell’equipaggio hanno dovuto improvvisare per cercare di salvare quante più vite possibili. L’epilogo lo conosciamo tutti, ma quello che non si percepisce è la tragedia che ormai si nasconde nella vita quotidiana di ogni passeggero, soprattutto di coloro che sulle navi vi lavoravano da 40anni e che oggi, sono costretti a trovarsi un altro lavoro o a chiedere il prepensionamento, come il tecnico Monteleone. Infine, non ci resta che accertare questa spiacevole notizia, ha concluso l’avvocato Romano: “Coloro che hanno causato il tragico evento della Concordia, comandano altre navi e ad altri sono stati affidati a compiti di ispezione e di controllo del rispetto delle rotte delle navi Costa, mentre altri non hanno più il coraggio di salire su una nave”.

Nicole Cascione


Pubblicato il 26 Ottobre 2012

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio