Cultura e Spettacoli

Cosimo parlava con le bufale

In passato la vita dei lavoratori della campagna del nostro Mezzogiorno era dura, soprattutto per pastori e bovari. La necessità di star dietro le bestie quando erano al pascolo li obbligava a lunghi periodi senza vedere alcuno. La promiscuità con gli animali nuoceva al loro carattere, rendendoli scorbutici, diffidenti, poco acuti.  Quando un’armonica o un rozzo flauto di canna fabbricato con le proprie mani non bastava a sedare la solitudine, questi poveracci si riducevano a parlare con vacche e capre  (alcuni diventavano anche zoofili…). Questa inclinazione a rivolgersi a pecore e mucche quasi fossero persone, ciascuna chiamandola con un nome, rispondeva anche ad un’altra necessità, quella di governare meglio la mandria, il gregge. Non si creda che solo cani e gatti si riconoscano nel nome assegnato dal ‘padrone’. Lo stesso vale anche per suini, bovini, equini… Poter ‘chiamare’ un asino, un cavallo agevola il lavoro di chi deve tenere unite più bestie.  Illuminante da questo punto di vista è una scheggia di ‘Contadini del Sud’, indagine sociologica di Rocco Scotellaro, l’intellettuale lucano nato a Tricarico nel 1923 e prematuramente morto a Portici nel 1953. Il capitolo dedicato a Cosimo Montefusco si sofferma sulla capacità che i bufalari della piana del Sele avevano di chiamare i loro animali per nome e ‘cognome’. Quest’ultimo era ‘a vutata’ del primo, ovvero il predicato o la seconda parte di una frase che – intera – costituiva l’appellativo di ogni bufala. Si tratta di frasi ora di sapore proverbiale, ora ispirate al quotidiano. Qualche esempio : ‘Chi t’arrobbe…’ / ‘chi t’arrobbe bene te vo’ ; il primo segmento (chi ti deruba) è il nome ; il secondo è il cognome o ‘vutata’ del nome (‘chi ti deruba ti vuole bene’, ovvero è persona che ti sta vicina – morale, diffida anche dei parenti stretti). Oppure : ‘N guollo a nui…’ / ‘n guollo a nui campino tutti (Addosso a noi… campano tutti). Scotellaro più avanti fa parlare lo stesso Cosimo : “I nomi certamente hanno un significato… sono i fatti e i ragionamenti che facciamo ogni giorno tra di noi… Mettiamo, chiamo la bufala ‘Poggioreale’. Poggioreale  dicono è un carcere che sta a Napoli e allora ‘Poggiorerale… sta a Campolungo’. Non puoi parlare con nessuno, solo chiamare gli animali e stai senza famiglia… Io ho messo solo il nome a ‘Chist’at’anne’ perché c’era una bufala che si chiamava così e morì e ce lo misi a un’altra. Così facciamo sempre quando muore una , un’altra prende il nome”. Cosimo poi fa il caso di ‘Manèila… manèila ‘n pitte ca ce sta’ (toccala – toccala in petto che ci sta) : “’Manèila è per qualche ragazza, ma quando succede! Qualcuna sempre succede chiacchierando che si fa toccare il petto : sono ragazze che vengono a lavorare ai pomidoro e al tabacco, vengono col camion se ne vanno col camion… Non mi è mai capitato niente, ma queste cose si sanno”.
italointeresse@alice.it


Pubblicato il 1 Dicembre 2011

Articoli Correlati

Back to top button