Coste antropizzate di casa nostra
Quanto è rimasto di territorio vergine in Italia? Sappiamo solo che ogni giorno, divorato dal cemento e dall’asfalto, scompare un chilometro quadrato di campagna. E in riva al mare come gira ? Non è azzardato dire che dei 7558 km di coste italiane almeno un terzo è antropizzato. Le modifiche apportate all’habitat costiero possono essere evidenti (porti, lungomari, case a ridosso del bagnasciuga) o sottili. E’ quest’ultimo il caso delle aree acquitrinose bonificate in modo tale da lasciare alla natura di ricostruire un ambiente che, guardato a vent’anni di distanza, potrebbe passare per autentico. E che dire dei litorali posticci realizzati rubando spazio al mare e riempiendo lo stesso di milioni di metri cubi di pietrisco? Poco a poco il moto ondoso deposita sulla battigia alghe su alghe che a loro volta catturano rena… E di nuovo hai la sensazione che nulla abbia alterato l’originale stato delle cose. Se necessario, poi, si costruiscono isole-strisce contro cui far frangere i flutti a difesa di una passeggiata a mare. Anche in questo caso, alghe, rena e terra trasportata dal vento finiscono per creare le condizioni perché i primi cespugli attecchiscano e così via. Restando in tema di isole, si può arrivare anche più lontano : cancellarle. Proprio così. Questa Puglia che tanto si dichiara amica del mare dimenticando che da Barletta a San Giorgio è tutta un continuum di centri abitati, stabilimenti balneari, campeggi e villette a schiera, ha sulla coscienza la sparizione di un’isola. C’era una volta in quel delle Cheradi, l’arcipelago antistante Taranto, ‘u squegghie’, cioè lo scoglio, detto anche San Nicolicchio, un isolotto di circa un ettaro dove anticamente sorgeva una badia di rito greco dedicata a San Nicola. Quell’isola è scomparsa nel corso dei lavori di allargamento del porto mercantile. In altri termini, siccome la nuova banchina si spingeva a ridosso di San Nicolicchio, che a questo punto diventava un pericolo per la navigazione, si decise di inglobare lo scoglio nella penisoletta artificiale. E non è quello di San Nicolicchio l’unico neo delle Cheradi. Per ragioni di sicurezza (della navigazione e militare) una lunghissima striscia di pietrisco unisce l’isola di San Pietro a quella di San Paolo e prosegue dall’una all’altra parte sino a chiudere in un abbraccio semicircolare l’accesso al porto (naturalmente questa muraglia prevede varchi di accesso). Ma non si parli di scempio ambientale con i militari i quali ritengono che avendo imposto sulle Cheradi il divieto di approdo e sbarco hanno creato le condizioni perché le suddette isole ritornassero i paradisi floro faunistici che erano in passato. E’ vero, San Pietro e San Paolo sono ora il rifugio di barbagianni, quaglie, beccacce, gheppi, cormorani… Ma quanto stonano in mezzo al rigoglio di lecci, querce e platani i resti delle installazioni di artiglieria marina e contraerea risalenti all’ultima guerra.
Italo Interesse
Pubblicato il 17 Dicembre 2013