Cultura e Spettacoli

Costruiremo un arcobaleno di pace

A chi siamo figli, a un Dio minore? L’antico interrogativo viene sciolto con singolare coraggio da Francesco Tanzi : siamo “Tutti figli di Barabba”. Così s’intitola l’ultima silloge dell’uomo che dopo una vita passata nella scuola ora si è consacrato alla poesia e al dibattito culturale, politico e sociale. ‘Figli di Barabba’ perché nel destino di quest’altro ladrone graziato dalla crocifissione al posto di Gesù e “platealmente condannato a vivere su questa terra per soffrirne tutta la sua… banale ovvietà” c’è molto del nostro karma. Nel 2006 Tanzi aveva pubblicato per i tipi di Schena “Il mare / la roccia”, sua prima e fortunata raccolta di poesie (numerosi i riconoscimenti). Con “Tutti figli di Barabba”, la cifra del Nostro registra un brusco balzo in sù, quasi abbia superato uno scalino. Il linguaggio poetico si è arricchito, è maturato. C’è più poesia questa volta, senza che ciò vada a scapito della voglia di denunciare, di gridare giustizia e cantare la speranza. Una quarantina le liriche, divise fra il tema dell’amore, dell’eros, della bellezza femminile e del compianto. Particolarmente rilevante il contributo di quest’ultimo tema, che abbraccia non solo i giusti passati all’Altrove (Franca, Tito, Zia Caterina), ma anche le vittime di guerre preventive, di bombe intelligenti, di carestie pianificate (“ho raccolto l’urlo soffocato delle madri / derubate del dolore dei loro parti”). Più avanti Tanzi raccoglie “con doloroso strazio  / il belato lancinante degli agnelli / macellati a moltitudini” tra l’indifferenza assassina “dei carnefici dell’egoismo”, al quale massacro non è estranea la Chiesa (“hanno squartato gesucristo / l’hanno deposto sui banconi dell’Ipercoop”). Ma contro lo scempio, invece che parole di vendetta si leva un anatema d’amore : “…costruiremo un arcobaleno di pace / per la fratellanza tra gli uomini”. E ancora l’amore è al centro di altri e non meno intensi passi : “I miei occhi inseguono struggenti / le volute evanescenti / del suo ballo spento”, canta Francesco a proposito della perduta Franca che lo ha liberato “dal confino della solitudine” (interessante notare come lo struggimento da distacco coniugale si ripresenti in una lirica dedicata ad un amico la cui scomparsa sprofonda la vita dell’autore “in una vedovanza buia e dolorosa”). La donna è leit motiv in ‘Tutti figli di Barabba’ soprattutto attraverso il “bagliore fulminante” della sua bellezza, ragione di “impagabile meraviglia”. In coda  al libro alcuni capricci linguistici : una versione in francese di ‘Gazzella d’Africa’ e due in dialetto nostrano di ‘Delirio’ e ‘Segnalibro’. Degni di attenzione anche i contributi critico/amicali di Gino Dato (l’Editore), Andrea Bitonto, Mario Zicolella e Mimì Novembre.
 
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Pubblicato il 19 Ottobre 2011

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