Cultura e Spettacoli

Crocco e il Romano, nessuna “certezza”

Figura controversa per l’accusa di opportunismo che a lungo gravò sulla sua persona, nonché addirittura di ‘collaborazionista’ a cattura avvenuta, Carmine Crocco resta il più celebre rappresentante della resistenza delle genti del Mezzogiorno al governo del neonato Regno d’Italia. In questa veste operò solo una volta in Puglia. Il che avvenne  tra febbraio e aprile del 1862, stando alla ricostruzione di Mario Guagnano ; ricostruzione attendibile ma sempre da accogliere con beneficio d’inventario stante la discordanza di date e toponimi che caratterizza i documenti dell’epoca. Il 23 febbraio (il 24 secondo altre fonti) la formazione di Crocco si scontrò con la Guardia Nazionale di Corato. Lo scontro, avvenuto nei pressi della masseria Piano del Monaco, fu piuttosto cruento (al cadavere della guardia Michele Soldano venne reciso il capo con una sciabolata). Il blitz proseguì nelle campagne di Andria e nell’area compresa fra Gravina e Altamura, dove diverse masserie furono depredate. La presenza degli uomini di Crocco nei dintorni di Altamura destava preoccupazione anche a Gioia. Il Sindaco di quella città sollecitava il Sottoprefetto competente per territorio con un messaggio dove si segnalava la “certezza” che a Crocco si fosse associato “il famoso Romano e … facilmente uniti potrebbero piombare su Gioia ove tengono vendette da consumare”. Tale ‘certezza’ in realtà corrispondeva solo ad un ragionevole timore. Illuminante in tal senso un passo di Antonio Lucarelli tratto da ‘Il Sergente Romano’ : “In questo mezzo il Romano, imbaldanzito di tanti prosperi successi, medita un folle disegno : fondersi con la banda Crocco… spedì messi al Donatello, che si trovava in Basilicata… Senonché Carmine Crocco, cui la politica serviva di pretesto ad accumular quattrini, dapprima chiese alcuni giorni di tempo per una definitiva risposta, e poi, adducendo futili motivi, dichiarò senz’altro di non poter assecondare l’iniziativa del temerario collega”. Il Sottoprefetto prese per buona quella ‘certezza’ e adottò provvedimenti adeguati. Raccolta truppa da Toritto, Grumo, Binetto e Cassano, la fece confluire a presidio di Altamura, dove erano pervenute anche guardie da Matera. L’obiettivo era accerchiare i ‘briganti’ e “attaccarli sulla linea”.  Messi in guardia dai soliti informatori, i ribelli tagliando audacemente attraverso i territori di Grumo, Cassano e Santeramo si incamminarono verso il bosco di San Basilio, vicino Mottola. Subito il Sottoprefetto di Taranto venne invitato a prendere ogni provvedimento utile a chiudere “lo sbocco delle murge tarentine costituito dal bosco San Basile verso il quale molto facilmente i briganti inseguiti dalle forze di Altamura si potrebbero dirigere”. Di nuovo informati delle manovre dei ‘Nazionali’, Crocco e compagni invece di cadere in trappola cambiarono itinerario; così raggiunsero i più lontani e sicuri boschi di Craco in Basilicata. Ai primi di marzo uno sfavorevole scontro nei pressi del ponte San Giuliano sul fiume Bradano indusse il condottiero di Rionero a cercare scampo sulle Murge di Minervino, dove rimase fermo per circa due mesi. Da segnalare nel corso di quei due mesi, al termine dei quali la nutrita formazione (centoquaranta uomini) abbandonò la Puglia, il massacro nei pressi della Masseria Perillo, nell’agro di Spinazzola, di dieci guardie nazionali tra cui il maggiore Pasquale Chicoli che già era stato membro del governo provvisorio di Altamura nel 1860.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 18 Gennaio 2019

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