Cultura e Spettacoli

Da Assuan ad El Alamein, i caduti del lavoro

E’ noto che nel deserto di El Alamein sorge il Sacrario Militare Italiano dove riposano 4634 nostri soldati (2187 dei quali ignoti) morti in quella terribile battaglia. E’ invece affatto noto che dal 1960 la stessa costruzione, in un sacello che trova posto sotto il porticato, accoglie anche le spoglie di cento fra tecnici e operai italiani morti durante la costruzione delle dighe di Assuan, Edfina ed Esna. Domani ricorre il cinquantesimo anniversario della conclusione dei lavori della diga di Assuan (che venne inaugurata il 15 gennaio 1971). E’ sepolto ad El Alamein anche qualche operaio pugliese? E’ molto probabile. Alla costruzione della diga di Assuan prese parte anche Salvatore Matarrese, capostipite di quella dinastia di signori del mattone, allora giovane caposquadra. Chiunque abbia pratica di edilizia sa bene che la conoscenza personale degli operai è determinante per chi deve coordinarne il lavoro. Per cui, tenendo presente lo storico attaccamento della famiglia andriese al proprio territorio, non si può escludere che Matarrese senior si sia presentato in Egitto con una squadra di conterranei di propria fiducia. Perché i resti di quei poveri manovali non vennero traslati in Italia? Per lo stesso motivo per il quale nessun famigliare potette assistere alla cerimonia funebre del proprio caro o, dopo, deporre un fiore sulla prima provvisoria sepoltura. In quel momento (il dopoguerra) non poteva essere che povera gente ad imbarcarsi per l’Egitto. Quale altrettanto disgraziato parente sarebbe stato in grado di affrontare il costo del mesto trasporto? Lo Stato italiano non volle intervenire – e sì che doveva – e quei poveri resti rimasero a dormire sotto la sabbia. Poi, dinanzi al crescere del numero dei nostri Caduti del lavoro in terra d’Egitto, un rigurgito di coscienza agitò il nostro governo che prese la decisione di traslare ogni salma ad El Alamein. Una scelta discutibile. Cosa avevano in comune quei soldati e quegli operai? I primi erano coscritti, i secondi no. Sarebbe stato il caso piuttosto di erigere da qualche parte una cappelletta e lì raccogliere i resti di manovali senza fortuna. Forse un secondo monumento costava troppo. Oppure, ad un Italia che in pieno boom economico vestiva i panni della potenza (ri)emergente, faceva comodo ostentare caduti per una causa nobile… Al tavolo delle grandi trattative commerciali fa immagine e dà credito mettere sul piatto della bilancia cento morti sul fronte del lavoro oltre i confini nazionali. Pochi anni prima Mussolini aveva mandato al massacro un’intera generazione – e proprio nello stesso territorio – all’unico scopo, a vittoria in tasca, di gettare sul tavolo delle trattative di pace ‘qualche’ migliaio di morti tramite cui guadagnare territori. Prima la carne da cannone, poi quella da pala, da zappa, da piccone. Per i potenti, in guerra o in pace, non fa differenza.

 

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 13 Maggio 2014

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio