Cronaca

Dagli al delfino

Cambiano i tempi, ovviamente in peggio. Nei primi anni sessanta una balena si spiaggiò a San Cataldo. Per un paio di giorni una folla di baresi si recò a renderle omaggio (il grosso cetaceo morì rapidamente). Veniamo ad oggi : Una femmina di delfino sembra voler diventare stanziale nelle stesse acque (gli avvistamenti avvengono all’altezza di molo San Vito). Ciò ha attirato l’attenzione di molti curiosi; tra questi, la solita teppaglia, che ha scagliato sassi contro il cetaceo. Un gesto che si commenta da solo, che basta a squalificare una città e che racconta meglio di un saggio sociologico il livello di degrado al quale siamo decaduti. L’unica a questo punto è far sloggiare l’animale, solo che il nostro delfino proprio non vuol saperne di prendere la strada dell’alto mare, sicché fugge chiunque cerchi d’avvicinarlo. Di conseguenza i militari della Capitaneria di Porto e i volontari del WWF, che tanto si sono prodigati, hanno rinunciato ad ogni tentativo di allontanamento. Perché esigenza prioritaria è scongiurare un altro spiaggiamento ; in sub ordine si cerca di proteggere il cetaceo dai balordi. Che bello sarebbe invece ‘adottarlo’ e godere della nota di colore che solo un delfino può conferire alla monotonia di un’area portuale. Pietre addosso al ‘diverso’, dunque, perché tale è oggi un delfino all’interno di uno specchio d’acqua inquinato e sotto l’assillo di imbarcazioni in transito (se almeno quella bella gente dei sassi riservasse lo stesso trattamento ai tanti simpatici roditori che ogni tanto fanno cucù dagli sbocchi fognari…). Ma in passato non era così. C’è stata una Bari dove un torrente (il Picone) sboccando in mare s’impaludava ; ciò avveniva nell’area oggi colmata di Marisabella. In quella zona umida, in mezzo ai canneti, erano di casa tartarughe, bisce d’acqua, ramarri e innumerevoli uccelli acquatici. E nelle incontaminate acque antistanti la palude non erano rari foche e grossi cetacei. Chissà quanti delfini riempirono dei loro giochi quel braccio di mare tra l’indifferenza di pescatori abituati da sempre a quella presenza. Adesso si muovono i giornalisti, arrivano le troupes televisive, arrivano i teppisti (di cosa sarebbero capaci costoro se un’altra balena si piaggiasse a San Cataldo, di mettere mano a taniche di benzina?). Ma anche senza teppisti quel delfino rischia. Solo se nati in cattività i delfini possono tollerare senza provare stress le attenzioni affettuose di chi li avvicini a bordo di un gommone. E se poi gli appassionati dimenticano che un delfino si nutre solo di pesce… La curiosità di vedere uno di questi cetacei cibarsi di una mela, di un pezzo di pane o di una merendina può costare cara.
italointeresse@alice.it
 
 
 


Pubblicato il 12 Novembre 2011

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