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Dal Comune alla Regione: non c’è pace nel partito di Conte

L'ex vice presidente, Cristian Casili, in un post si difende da chi all'interno ora li accusa di aver fatto parte della maggioranza del governatore Emiliano ed ora di essere politicamente in mezzo al guado

Non c’è pace nel partito pugliese di Giuseppe Conte, oltre che al Comune di Bari, anche a livello di Regione, dove – come è noto –  il gruppo consigliare dei cinque rappresentanti eletti nel 2020 nell’aula barese di via Gentile si era spaccato subito dopo le elezioni regionale, poiché – come si ricorderà – la barese Antonella Laricchia (che era stata la candidata del M5S alla Presidenza della Giunta) rimase all’opposizione del governatore Michele Emiliano, mentre gli altri quattro si unirono alla maggioranza di centrosinistra, ottenendo la vice-presidenza dell’Assemblea pugliese in quota alla maggioranza per il consigliere salentino Cristian Casili ed un posto nell’esecutivo per la foggiana Rosa Barone, a cui Emiliano assegnò la delega al Welfare. Successivamente anche la consigliera pentastellata della Bat, Grazia Di Bari, pur non entrando in giunta, fu scelta da Emiliano come delegata del Presidente alla Cultura. Incarichi, questi, a cui i pentastellati di maggioranza hanno rinunciato agli inizi di aprile scorso, quando il M5S, su ordine di Conte, è uscito dalla maggioranza, a seguito delle note vicende giudiziarie che hanno interessato prima l’allora assessore ai Trasporti della giunta Emiliano, ossia la consigliera dem Anita Maurodinoia, ed il marito Sandro Cataldo e, subito dopo, il presidente dell’Arti (Agenzia regionale per le tecnologie e l’innovazione), Alfonso Pisicchio, nonché già assessore all’Urbanistica di Emiliano nella precedente legislatura regionale, ed il fratello Vincenzo. Un’uscita dalla maggioranza del governo regionale di Emiliano che però, non è mai stata di netta opposizione, tanto che – come si ricorderà – la mozione di sfiducia, presentata in Consiglio dall’opposizione di centrodestra ad Emiliano lo scorso mese di maggio, fu respinta anche con i voti contrari dei quattro esponenti del M5S che fino ad un mese prima avevano fatto parte in maniera organica della maggioranza di centrosinistra. Infatti, secondo qualche bene informato della politica, il passaggio all’opposizione del M5S alla Regione avrebbe dovuto essere solo una parentesi in vista delle elezioni europee svoltesi l’8 e 9 giugno scorso. Poi, però, i pentastellati sarebbero dovuti rientrare, tanto che il governatore Emiliano non ha mai assegnato ad altri il posto lasciato vacante da Barone in giunta e la delega di quest’ultima a tutt’oggi non è stata affidata ad alcuno, neppure dopo il rimpasto preteso alla Regione Puglia dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, a seguito delle accennate vicende giudiziarie. Infatti, ora che il rientro dei pentastellati nel perimetro di maggioranza sta ritardando, c’è chi verosimilmente (anche a seguito dei non brillanti risultati conseguiti ultimamente in Puglia dal “Movimento 5 Stelle”, sia a livello di elezioni europee che amministrative) accusa i vertici nazionali di aver portato il partito in maggioranza, dopo essere stati duramente oppositori di Emiliano nel suo primo quinquennio (2015-2020) di governo regionale, per poi uscire alla vigilia delle ultime europee con la prospettiva di un rientro dopo il voto. Strategia, questa, che di fatto – secondo molti ex elettori pentastellati – avrebbe portato il partito in mezzo al guado in Puglia e, quindi, alla conseguente perdita di consensi ad ogni livello. Alla base di ciò potrebbero esserci le ragioni di un recente post polemico dell’ex vice-presidente pentastellato del Consiglio regionale, Cristian Casili, apparso ieri sulla sua pagina di Facebook. Infatti, ha affermato Casili nel suo post: “Molti ci hanno rimproverato, alcuni in maniera molto aspra, e continuano a rimproverarci, per il nostro ingresso nella maggioranza in Regione Puglia. Le accuse sono state rivolte anche a Giuseppe Conte”, per ricordare “che la decisione fu presa a livello nazionale, durante la ‘gestione’ Di Maio”, ai tempi del governo giallo-rosso (M5S-Pd) guidato dallo stesso Conte, e che 4 dei 5 rappresentati pentastellati regionali furono “meri esecutori” di detta decisione. Ossia, ha sottolineato inoltre Casili, “quando gli ormai celeberrimi ‘duri e puri’ (ndr – del Movimento in Puglia) erano allineati e coperti, e quella decisione non contestarono affatto”. “Quindi – ha evidenziato ancora Casili nel suo post su Facebook – né io, tantomeno Giuseppe Conte ne fummo artefici o responsabili” di quella decisione. “Dopo l’esperienza (ndr – in maggioranza), però, solo per discutere di quanto fatto e non di fumose enunciazioni di principio che lasciano il tempo che trovano – ha proseguito Casili – sono costretto a rivendicare il nostro fondamentale contributo su decisioni che hanno riguardato il welfare, la cultura, il sociale e l’ambiente”. Un’esperienza consistita – sempre secondo l’ex vice di Loredana Capone (Pd) – nella “produzione senza precedenti di proposte, la gran parte delle quali approvate, che hanno migliorato la qualità di vita nelle nostre comunità, mantenuto e protetto aree verdi altrimenti non più esistenti, ridotto il consumo di suolo, evitato la concessione ai privati delle dune sui litorali”. Ed anche “l’aumento della contribuzione dei rimborsi viaggio per le malattie rare – ha affermato Casili – è merito mostro”. Ovvero dei 4 esponenti pentastellati che erano parte organica della maggioranza di Emiliano alla Regione. Ed anche “i nuovi modelli educativi per i bambini con gli Agrinido e gli Agriasilo” sono tra le iniziative che i pentastellati pugliesi ascrivono alla loro presenza in maggioranza.
Quindi, ha in fine affermato Casili nel post su Facebook, “il lavoro che abbiamo svolto in maggioranza è stato egregio e lo rivendichiamo”. Ma nonostante questo, i pentastellati – a detta sempre dello stesso Casili – non hanno esitato “a dare le dimissioni da tutti gli incarichi e deleghe, al primo apparire di un problema di legalità che non ci riguardava”. Per poi concludere rilevando che “di questo nessuno parla” e che invece “l’attacco al portavoce (ndr – del Movimento), è diventato sport preferito di molti, e l’associazione alla maledetta poltrona quasi assiomatica”. In definitiva, anche tra i pentastellati alla Regione, al pari di quanto sta accadendo al Comune di Bari, il fuoco cova sotto la cenere e che, prima o poi, divamperà comunque ad ogni livello. Sempre che il M5S riesca a sopravvivere all’interno del campo largo dei progressisti.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 4 Settembre 2024

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