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Dal Csm cartellino “giallo” a Emiliano per l’attività di partito proibita ai giudici

Cartellino “giallo” dalla sezione disciplinare del Csm (Consiglio superiore della magistratura), ossia dall’organo di autogoverno dei giudici, per il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che, dopo un “processo” durato poco più di quattro anni, è stato condannato alla più blanda delle sanzioni previste, cioè ammonito, per aver violato l’obbligo inderogabile dei magistrati (anche in aspettativa) all’indipendenza, iscrivendosi ad un partito, il Pd, assumendo in esso – come è noto – finanche incarichi dirigenziali. Una pena, l’ammonimento, che sul piano pratico, come ha dichiarato Emiliano stesso, “non ha alcun effetto pratico” ai fini dell’esercizio delle funzioniche il governatore potrebbe ritornare ad esercitare, qualora rientrasse a svolgere la propria professione di magistrato alla fine del suo incarico elettivo, ma che costituisce pur sempre una “macchia” nella carriera di un giudice. Quindi, alla luce dell’odierno verdetto, Emiliano non poteva iscriversi al Pd né svolgere attività politica di partito, come invece ha fatto dall’ottobre del 2007 in poi, ossia da quando partecipò a fondare il Pd in Puglia ed assunse la carica di segretario regionale, Successivamente Emiliano è stato anche presidente del Pd pugliese e poi nuovamente segretario, fino a correre due anni fa addirittura per la segreteria nazionale del Pd, in concorrenza a Matteo Renzi ed all’allora guardasigilli Andrea Orlando. Fino al 3 dicembre del 2014 Emiliano, perché in aspettativa dovuta ad incarichi istituzionali (sindaco di Bari, prima, ed assessore al Comune di San Severo, dopo), è andato tranquillamente avanti nell’assumere anche ruoli politici di partito, senza che alcuno gli contestasse alcunché per la violazione di cui ora è reo e che gli causato l’ammonimento da parte del Csm. Infatti, solo a tale data la Procura generale della Cassazione, con un atto a firma dell’allora Procuratore Capo, Gianfranco Ciani, avviò una richiesta di procedimento disciplinare a carico di Emiliano per la presunta violazione di norme inerenti obblighi comportamentali previste per i magistrati, che restano comunque tali anche nell’ipotesi (come nel caso di Emiliano) in cui sono ‘fuori ruolo’. Come alcuni nostri lettori ricorderanno, questa Testa giornalistica fu la prima a Bari ed in Puglia, con un servizio pubblicato il 31 marzo del 2012 dal titolo “Emiliano magistrato fuori ruolo e fuori posto”, a sollevare il caso di un possibile e, forse, anche evidente illecito disciplinare da parte dell’allora sindaco di Bari, Emiliano, che da magistrato in aspettativa aveva anche assunto una partecipazione attiva in un partito politico, il Pd per l’appunto, violando verosimilmente il dovere costituzionale di indipendenza a carico dei magistrati e disciplinato da norme ordina mentali (D. Lgs.vo 109/2006 e successiva L. 269/2006). Al riguardo si citava anche un precedente caso, quello del magistrato partenopeo Luigi Bobbio, che nel maggio del 2010 era stato “ammonto” dalla sezione disciplinare del Csm per aver gravemente mancato ai propri doveri di correttezza e rispetto delle disposizioni ordina mentali, poiché nel 2007, benché anch’egli in aspettativa dall’Ordine giudiziario in quanto parlamentare, aveva assunto l’incarico di Presidente provinciale del partito politico ‘Alleanza Nazionale’ di Napoli. Un caso, quest’ultimo, molto simile a quello di Emiliano e, quindi, sin da allora la questione del pm in aspettativa e sindaco di Bari, Emiliano, divenuto anche capo di partito, presentava un parallelismo comparativo con la ‘vicenda’ napoletana del magistrato Bobbio. Ora, a distanza di quasi 7 anni da quel nostro articolo giornalistico, il verdetto della sezione disciplinare del Csm che fa chiarezza sul ‘caso’ barese di Emiliano. L’ex pm antimafia della Procura di Bari, ora governatore della Puglia, a seguito della recente sanzione disciplinare si difende affermando: “Sono sempre stato convinto, come tutti gli altri numerosi magistrati eletti, come me iscritti a un partito, che l’aspettativa – che mi è sempre stata regolarmente concessa per l’espletamento del mio mandato di sindaco e di presidente della Regione – mi rendesse a questi fini un cittadino eletto come tutti gli altri, abilitato a partecipare alla formazione dell’indirizzo politico degli enti da me governati all’interno dei partiti. Scopro oggi che ciò che vale per altri sindaci e Presidenti, secondo il Csm, non vale per me e, quindi, per tutti i magistrati eletti in incarichi politici. Questi dovranno costruire l’indirizzo politico con metodo innovativo rispetto alle previsioni della Costituzione, seguendo l’indirizzo della Corte Costituzionale che ha rimesso al Csm il compito di precisare fino a che punto si possa avere a che fare con i partiti da parte di un eletto magistrato”. “In modo dichiarato – ha proseguito ancora Emiliano – la Procura Generale (ndr – presso la Corte di Cassazione) ha promosso l’azione disciplinare per conoscere l’indirizzo del Csm in materia che mai era stato chiarito in precedenza”. Emiliano, che potrebbe anche impugnare in Cassazione l’esito del provvedimento afflittivo emesso dal Csm, ha tuttavia dichiarato anche di accetto “la meno grave delle sanzioni disciplinari previste per i magistrati con serenità e con rinnovata determinazione nello svolgimento” del suo incarico di governatore. Ma il Presidente della Regione Puglia dopo il mancato rinnovo, a dicembre scorso, della tessera di partito sperava, presumibilmente, in un’assoluzione da parte della commissione disciplinare del Csm. O al più, vista la complessità della materia, in un semplice richiamo a non ripetersi in futuro con condotte che potrebbero costituire una palese violazione di precisi doveri a carico di magistrati anche in aspettativa. Però, anche ad un pm ‘prestato’ alla politica di partito  talvolta può capitare di trovarsi dalla parte dell’imputato e, come nel caso di Emiliano, anche di ‘condannato’ per ragioni disciplinari. Una ‘condanna’ che Emiliano ritiene di “non aver meritato”, ma che, salvo un nuovo e diverso giudizio di altra e competente Istituzione, c’è. Così come in Puglia c’è una ‘storia’ politica e di governo locale degli ultimi 15 anni i cui risvolti sono stati sicuramente determinati anche dall’attività di partito proibita ad un magistrato in aspettativa, qual è ancora Emiliano per l’appunto, e che – come ovvio –  è inappellabile, oltre che immodificabile negli  effetti già provocati e, forse, ancora a provocarsi.

Giuseppe Palella


Pubblicato il 15 Febbraio 2019

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