Cultura e Spettacoli

Dal Vulture a Gravina, il vulcanesimo alle porte di casa

Come negare che Madre Natura è stata benigna con la nostra terra? Negli ultimi tre secoli, solo qualche piena rovinosa, piccoli sismi e nessuna onda anomala. Pregi di una terra geologicamente stabile, lontana da faglie importanti e soprattutto priva di vulcani, anche sottomarini. Per quanto in era preistorica un vulcano fosse attivo a meno di quaranta chilometri da Spinazzola. Oggi un gigante buono che svetta in mezzo al verde a 1327 metri di quota, milioni d’anni fa il Vulture dovette avere un ruolo determinante nella configurazione dell’attuale territorio pugliese. Una minaccia che ora non esiste più. Eppure, se non un vulcano vero e proprio, qualcosa del genere è ancora in attività in Puglia… Stiamo parlando del vulcano di fango di Gravina. Al pari di geyser, terme, fumarole, mofete, soffioni boraciferi, solfatare e bradisismi, i vulcani di fango rientrano nel vulcanismo secondario. Consistono in piccoli coni di fango alti da poche decimetri ad alcuni metri che eruttano argilla rammollita da acqua salso-bromo-iodica unita a metano e idrocarburi (bitume, per lo più). Il fenomeno è legato alla presenza di terreni argillosi poco consistenti, intercalati da livelli di acqua salmastra, che sovrastano bolle di gas metano sottoposto ad una certa pressione. Il gas attraverso le discontinuità del terreno affiora in superficie trascinando con sé sedimenti argillosi ed acqua che danno luogo ad un cono di fango, la cui sommità è del tutto simile ad un cratere vulcanico. Il vulcanello pugliese si presenta a forma tronco conica e a pianta vagamente ellittica. Mutevole la sua morfologia, dal momento che, a seconda di come si dispongono le cose nel sottosuolo, la sua altezza può oscillare fra il metro e i quattro metri. Una ricchezza ambientale di tutto rispetto che meriterebbe attenzione. E invece è successo che più di una volta questo vulcanello sia stato raso al suolo. Perché? Un geosito così piccolo non può essere d’ostacolo agli interessi dell’agricoltura o della pastorizia. Se poi si teme che esso possa allargarsi, è pia illusione quella di soffocarlo facendoci passare sopra un bulldozer (il vulcanello si riformerà invariabilmente). Un gesto incosciente, oltre che esecrabile sul piano ambientale. Perché i vulcanelli possono anche esplodere. E non si pensi a qualche schizzo di fango caldo. Qualche anno fa a Macalube di Aragona, nei dintorni di Agrigento, due bambini morirono sotto gli occhi del loro padre, sepolti dal fango eruttato da una di queste montagnole. Il sopravvissuto raccontò di un pezzo di terra grande quanto un campo di calcio ribaltatosi prima che una colonna di fango alta quaranta metri si sollevasse per poi ricadere a sommergere i due innocenti.

Italo Interesse

 

 

 

 


Pubblicato il 30 Dicembre 2017

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