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Daniele De Vezze: “Il mio biennio più importante a Bari, Antonio Conte l’allenatore a cui sono legato”

 

Quella che viviamo è una situazione paradossale, quasi apocalittica. Non era mai successo nella storia dell’Europa e forse nel mondo a parte la peste ed altri scenari che bisogna andare addietro nei secoli. L’Economia italiana versa in grave difficoltà in questo momento ed un po’ ovunque ci sono situazioni di gravi difficoltà molto serie, dove urgono provvedimenti efficaci. Il calcio? E’ la terza azienda a livello nazionale, un dato che va tenuto conto e di sicuro le decisioni delle Leghe dei professionisti, indicheranno la strada anche per il settore dilettantistico. Così come per le associazioni dilettantistiche, per tutte le Scuole Calcio che praticano attività di base e settore scolastico, ed i dipendenti delle squadre di calcio non professionistiche, se verranno stanziate delle risorse per le ripresa, come è stato annunciato, sarà fondamentale”, parola di Daniele De Vezze, centrocampista della Sly United di Danilo Quarto ma anche ex gladiatore del Bari di Antonio Conte e di Ventura, ed infatti proprio sulla sua esperienza in biancorosso, con voce emozionata ha affermato senza esitazione: “Al Bari di Antonio Conte sono legatissimo, sicuramente quello prima in B e l’anno dopo nella massima serie è stato il biennio più importante della mia carriera”. De Vezze ha esordito in ‘A’ con la Roma di Francesco Totti, ma poi ha proseguito la sua carriera con le maglie di Savoia, Palermo, Reggiana, Fiorentina, Ascoli, Genoa, Messina, Livorno, un biennio ‘il migliore’ secondo quanto ha affermato con il Bari, Torino, Pergocrema, Benevento e Matera, prima di vivere una seconda giovinezza, dal 2017 nella United Sly del patron Danilo Quarto, seppur non nei professionisti, ma vincendo in ogni categoria. Ringraziamo, tuttavia per la disponibilità la società United Sly, il direttore sportivo, Pierluigi De Lorenzis e l’Ufficio Stampa che ci hanno autorizzato a realizzare tale intervista.

Nato e cresciuto nella Roma, hai giocato con un Totti giovanissimo, TI chiedo se hai rimpianti e del giovanissimo Zaniolo, promessa del calcio italiano.

Fino ad undici anni avevo giocato in una piccola società romana del San Pancrazio, subito dopo passai al settore giovanile dell’A.S. Roma, allora gestita dalla famiglia Sensi, con un vivaio con tantissimi campioni. Per uno di Roma, tifoso giallorosso era già il massimo, arrivai a far parte della Prima Squadra nel 97/98 e l’anno dopo feci il mio esordio in ‘A’. Il mio idolo è sempre stato Daniele De Rossi e sono contento di aver giocato dove lui ha lasciato un segno indelebile, e Daniele lo sento tutt’oggi, una tantum. Rimpianti, no, ma dispiacere forse un po’, perché Zeman che era f ine ciclo, mi volle fortemente in prima squadra, però ho esordito nel 98/99, totalizzando anche un paio di presenze, in particolare l’esordio avvenne il 14 febbraio del 1999, in Roma –Sampdoria, terminata 3-1. Diciamo che forse sono stato sfortunato ad essere capitato nell’ultimo anno del bosniaco a fine ciclo, magari forse sarebbe andata diversamente, ma sono contento di aver indossato la maglia della mia città, squadra per cui tifo e all’Olimpico. Totti, aveva 23 anni, si parlava di lui come grande promessa e si vedeva che era un predestinato, con lui c’è rispetto ed ogni volta che l’ho incontrato è stato cordiale. Su Zaniolo, penso che sia presente e futuro della Nazionale italiana, ha velocità, potenza fisica, attacca gli spazi, ha il gol nelle sue corde ed a soli diciannove anni ha fatto il suo esordio con la Nazionale di Mancini, penso che anche a livello europeo ci son pochi giocatori come lui, uno che nel campionato Primavera con l’Inter, aveva già fatto 13 gol, sono sicuro che farà grandi cose”.

Dopo Savoia e Palermo, sono arrivate le esperienze dove hai giocato da titolare, prima con il Lanciano di Fabrizio Castori e poi con la Reggiana di Cadregari. Illustraci, più nello specifico queste tue tappe.

Con il Savoia ho iniziato ad assaporare il calcio giocato, in serie B feci tredici presenze. Poi sono stato daccapo con la famiglia Sensi, ma questa volta con i rosanero del Palermo, dove vincemmo il campionato di C1. Poi ebbi a Lanciano con mister Castori la mia prima stagione da protagonista, segnai anche un gran gol, una ‘fucilata’ contro la Viterbese che si infilò nel sette; ricordo che non eravamo partiti benissimo ed invece, ricompattandoci, arrivammo a giocarci la semifinale dei playoff contro il Taranto di Riganò. Con la Reggiana ne feci due gol sempre dalla distanza, ma dal punto di vista sportivo fu una stagione meno esaltante, ma sempre importante”.

L’esperienza con il Genoa, in C1, con l’avvicendarsi prima Vavassori, poi Attilio Perotti e poi daccapo il primo, fu molto rilevante per il tuo percorso di crescita, visto che successivamente sei approdato nel Messina in ‘A’ giocando per lo più da titolare. Il tuo ricordo.

Penso che nella carriera di ogni calciatore c’è sempre una buona dose di fortuna, ma se non è accompagnata dalla perseveranza e determinazione, non si va lontano. A Genoa, ho avuto la possibilità di giocare in una piazza calda, in uno stadio che nonostante la serie ‘C’ riempiva lo stadio con 35mila tifosi. Quando scendevi in campo, se non eri abituato ti tremavano le gambe se non iniziavi, feci un gol in Coppa Italia e la stagione dopo tornai in serie ‘A’, questa volta per farla da titolare. A Messina mi volle fortemente il grande Bruno Giordano, ma nella stessa stagione, avemmo anche Cavasin, ancora Giordano ed anche Bruno Bolchi che a Bari ha fatto qualcosa di straordinario. Giocare in serie ‘A’ è sempre il massimo, girare negli stadi italiani e poi in quegli anni c’erano campioni in tante squadre, un campionato molto livellato”. 

Tra i tuoi gol memorabili c’è quello con la maglia del Livorno contro all’Inter campione d’Italia nel 2007/2008, raccontaci di quella partita.

Quella partita terminò 2-2 contro l’Inter campione d’Italia e che di lì a poco, due anni dopo avrebbe fatto il ‘Triplete’. Quanto a quel ricordo, ricordo un lancio verticale del mio compagno di squadra, Dario Knezevic, di nazionalità croata, io ero posizionato bene stoppai la palla, superai Cordoba, mi portai velocemente in area e senza guardare in faccia a nessuno, calciai anche in modo sporco e fortunoso, e feci gol ad uno dei portieri più forti del Brasile. Fu una grandissima soddisfazione, in una stagione difficile dal punto di vista sportivo, ma che mi distinsi sul campo e dando il mio contributo e l’anno dopo arrivò il Bari, ed in questo merito seppur in piccola parte, ce l’ha il mio amico e compagno di squadra, Giliano Giannichedda, compagno di squadra del Livorno”.

A Bari hai vissuto una tappa fondamentale della tua carriera: con Antonio Conte, sei stato artefice di un gol strepitoso contro il Sassuolo con 2500 baresi che impazzirono dalla gioia in trasferta, ed insieme ad Alessandro Gazzi tuo compagno di reparto, eravate uno dei punti di forza di quella squadra. Nella stagione successiva, hai collezionato soltanto nove presenze ma quando hai giocato ti sei fatto apprezzare. Il ricordo più bello e se hai rimpianti.

Per essere venuto al Bari qualche merito lo devo al mio ex compagno di squadra, Giuliano Giannichedda, che era amico del prof. Ventrone e di Antonio Conte. Così che una sera, io e Giliano eravamo a cena, verso fine stagione e mi passò il preparatore atletico del Bari di Conte, che mi disse che stavano facendo la squadra per disputare un grande campionato. Qualche giorno dopo, ricevetti la chiamata di Antonio Conte, ed io fui molto contento e lusingato, il mister mi disse: ‘Sto costruendo la squadra per fare un campionato di vertice e divertirci, vuoi venire ed essere protagonista’, dopo che un mister ed un giocatore con la sua storia ti dice certe cose, sta poco da riflettere… In estate, scelsi il Bari, preparazione durissima, ma efficace e con Barreto e Kutuzov, io e Gazzi a centrocampo, in difesa Andrea Ranocchia, Stellini, Parisi, Guberti che arrivò a gennaio e diede un grande contributo e tanti altri compagni con i quali tuttora mi sento. Disputammo un campionato strepitoso, qualcosa di indimenticabile, ritengo che sia stato il biennio più importante della mia carriera da professionista. Su Sassuolo-Bari, quel giorno era la festa della donna, l’8 marzo 2009, all’andata perdemmo pesantemente al San Nicola per 0-3 e loro furono anche a tratti un po’ presuntuosi. Non ci fu storia, quella partita secondo me fu l’emblema di quella stagione, quella sera scendemmo in campo famelici, più delle altre volte, disputammo una partita tatticamente perfetta, e sono la dimostrazione i primi due gol di Barreto e Kutuzov. Nella ripresa, loro accorciarono con Salvetti, ma io che vinse anche il premio di migliore in campo Sky, trovai quel gol dalla distanza, un missile che non lasciò scampo. Arrivammo primi meritamente davanti al Parma.

Se Conte fosse rimasto, sicuramente avrei trovato maggiore spazio, soltanto che con Ventura, ero partito anche titolare le prime due e nonostante disputai due ottime partite contro l’Inter a San Siro ed in casa contro il Bologna, alla terza persi la titolarità e mi trovai ad entrare a gara in corso, o spesso, anche in periodo in cui ero più in forma rispetto a qualche compagno di squadra ed avrei meritato un’opportunità, l’allenatore ha preferito fare altre scelte, non so se per coraggio, per paura, pre-concetto, no lo so. Fatto sta, che Ventura se avesse avuto più coraggio di compiere un determinato tipo di scelte, avrebbe fatto sicuramente meglio in carriera e non ci sarebbe stato quel disastro con una Nazionale con Buffon ed altri campioni a non centrare la qualificazione al Mondiale. Sono sempre stato un ragazzo educato e rispettoso ed ho sempre accettato le scelte del tecnico di turno, però resta il rammarico che avrei voluto poter dare di più nell’anno della serie ‘A’, resto comunque orgoglioso di aver vestito la maglia biancorossa, e vivo qua da oltre dodici anni”.    

Dopo Bari sei ritornato in serie B, questa volta con la maglia del Torino, trenta presenze e tre gol, con un’altra perla segnata al Siena che vinse il campionato di Antonio Conte. Alla fine di quella stagione, ti sei ritrovato Gian Piero Ventura, ed hai optato per altri lidi. Raccontaci.

 “Quell’anno feci uno dei tre gol al Siena di Antonio Conte, penso uno dei miglior allenatori italiani ed in Europa in circolazione. Con il Torino arrivammo ottavi, fuori dai playoff, però conservo comunque un bel ricordo soprattutto giocare ancora una volta in una piazza calda. Disputai a livello individuale una grande stagione, al pieno delle mie forza e della maturazione che può avere un calciatore. La partita con il Siena di Antonio Conte, fu strepitosa, segnai insieme a quello con il Sassuolo, uno dei miei gol più belli. Verso fine stagione, avevo ricevuto la chiamata di mister Conte che mi avrebbe voluto portare in ‘A’ con il Siena, e presi tempo per il rinnovo. A sorpresa per il mister Conte arrivò la chiamata della Juve ed intanto, a Torino venne ufficializzato Gian Piero Ventura, il quale tramite il ds Petrachi, mi fece sapere che non rientravo nei suoi piani…Così andai altrove, ma avevo comunque una mia idea. Dopo gli anni di Bari con Conte e Ventrone, ero diventato un giocatore completo e con esperienza, avrei voluto continuare a giocare ancora ad alti livelli, ma sono uno che non molla mai, ed ama il pallone da quando ha un anno, e continuerò perché ho ancora la forza di poter dare il mio contributo”.

‘Calcioscommesse’, una parte che ha segnato sicuramente la tua carriera nonostante sei sempre stato un professionista esemplare e ne sei uscito pulito.

Certamente ha pesato eccome. Voglio che passi il messaggio che sono stato assolto, seppure dopo tanti anni. Chi mi è stato vicino sa quanto ho sofferto, questa vicenda mi ha stroncato la carriera da calciatore, potevo disputare ancora campionati di livello. E’ stata una grossa ‘mazzata’, ma ne esco ad oggi fortificato, gioco ancora a calcio in un club molto organizzato, seppur in serie dilettantistiche, ed ho avviato una Scuola Calcio proprio in concomitanza di quegli anni, proprio perché amo il calcio sin da piccolo e voglio trasmettere questo ai miei ragazzi e a coloro che vogliono fare calcio sin dalla prima età”.    

Dal 13 novembre 2017 hai vissuto una ‘seconda giovinezza’ con la maglia della Sly United del presidente Danilo Quarto. Alla Sly United, la parola vittoria è il vostro comune denominatore, oltre ad avere un grande direttore sportivo, Pierluigi De Lorenzis. Dicci la tua.

Rimettersi in gioco e ripartire da un campionato dal basso, dopo che per una vita da calciatore hai militato tra ‘A’ e ‘B’ non è semplice. Ho pensato anche di ritirarmi, invece, ho conosciuto questa realtà solidissima messa in piedi dal presidente Danilo Quarto, e mi sono subito sentito a casa e parte integrante del progetto sportivo. Ogni anno, la vittoria è la ‘routine’ cosa non scontata specie quando si va sui campi polverosi, e si fa a sportellate come da nessun’altra parte e categoria. Voglio continuare ad essere della partita, e mi sento in forma, mi manca il campo. Anche quest’anno siamo primi e ci mancavano cinque partite, vedremo se ci daranno la possibilità di terminare il campionato. Sono grato anche al nostro abilissimo e forte stratega, direttore sportivo, Gigi De Lorenzis”.

Una battuta anche sulla De Vezze Accademy.

E’ un progetto nato quasi per gioco. Collaboravo già con altre scuole calcio, poi ho deciso di aprirne una tutta mia. Attualmente continuo, però, a lavorare con alcune scuole calcio importanti nella zona di Bari. Il nostro progetto è quello di migliorarsi e diventare una realtà sul territorio, anche se nel nostro piccolo già lo siamo. Con i ragazzi, oltre ad amare il contatto con il campo, faccio un lavoro anche di scouting. Migliorarsi, sempre!”.

Marco Iusco

 


Pubblicato il 2 Aprile 2020

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