Danza e arte performativa, profumo di donna
Visioni di (p)arte’ è realtà consolidata che non delude. La settima edizione del Festival internazionale di danza contemporanea e arti performative promosso dalla Compagnia Qualibò e andato in scena la settimana scorsa sul palcoscenico del teatro Kismet, non ha deluso le attese. Particolare impressione ha destato quest’anno la sezione video. Di tutti i corti il migliore ci è parso ‘When you come to see me l’ll be already gone’, un soggetto made in Holland a firma di Annika Pannitto e Robin Zom, coreografato e interpretato dalla prima e diretto dal secondo. Nel vuoto interno ed esterno ad uno stabilimento industriale in abbandono una giovane donna dipinge col corpo il ritratto di sé. Avvolta nelle suggestioni di un bianco/nero molto intrigante, la Pannitto con efficacia individua nel gesto un altro sé, metafora del proprio lato nascosto. La ricerca e il relativo ritrovarsi avviene in un clima sereno che contrasta senza stridere col grigiore (anche un po’ cercato) del contesto. ‘El cuerpo en el espacio’ vede Elisa Fernandez Artega e Diego Scroppo inventare e dirigere un gioco virtuale dove un corpo di donna, imprigionato dentro un cubo asettico e illuminato da una luce che non proietta ombre, si moltiplica per ogni lato annullando la legge di gravità. Le diverse entità assumono poi vita propria, distanziandosi anche sul piano temporale, sicché il movimento o la stasi dell’una non corrispondono a quella dell’altra. Pur algido, il risultato lascia il segno per il colore inquieto che lo pervade. Sul piano più strettamente coreutico, discreta impressione ha destato ‘Cambio di prospettiva’, una coreografia di Claudia Incalza e Terry Yoko, interpretato da quest’ultima insieme ad altre cinque capaci danzatrici. Notevole il lavoro svolto dalla coreografa pugliese che intesse sei distinti movimenti per raccontare – nell’insieme – l’insofferenza giovanile. Infine, ‘Per tre corpi forse, prologue’ di Amina Amici, interpretato dalla stessa con Elisa Canessa. Imponente il numero dei collaboratori e dei co-produttori che si muovono dietro le quinte di quest’altro progetto tutto al femminile. Tanto congiunto sforzo produce il racconto pieno di passione di un sentimento piuttosto articolato. In proposito le note di regia, sospese come spesso succede in questi casi tra il criptico e l’acquoso, tornano un poco fuorvianti. Propendendo allora per un’interpretazione più libera, ci piace leggere nel sincronismo simmetrico di queste fanciulle l’espressione di una femminilità contraddittoria e sofferta, volitiva e pervasa dalla speranza. Opportune le musiche di Bruno de Franceschi che ben si coniugano col disegno luci di Marco Oliani.
Italo Interesse
Pubblicato il 3 Ottobre 2012