Dare vita all’arte scenica
Mario Mancini, Mariolina De Fano, Teodosio Barresi, Mino Barbarese, Lino Spadaro… Che stillicidio. La settimana scorsa è scivolata nell’Altrove un’altra figura storica. Sulla breccia dal ’77, Gianni Colajemma, ha lasciato un segno profondo nell’epopea del teatro barese del secondo Novecento ed oltre (si distinse anche nel cinema e nella direzione artistica di alcune edizioni del corteo Storico di San Nicola). Fra i molti meriti gli vanno riconosciuti soprattutto il coraggio e la lungimiranza d’inventare un teatro, il Barium, in tempi – il 1986 – in cui ancora i teatranti baresi dovevano rassegnarsi all’emigrazione, salvo contentarsi delle briciole della solita avara Terramadre. Nell’impresa Colajemma ebbe per sodale Mino Barbarese; l’affiato sodalizio durò un paio d’anni, poi Barbarese prese il volo per cercare fortuna altrove. Abbiamo detto ‘inventare’. In effetti nel caso del Barium (il cui futuro auspichiamo lungo) si era trattato di voltare in contenitore teatrale un ex supermercato, già discoteca. Il che rientrava nello spirito dei tempi, avendo Bari già visto adattati a luoghi d’arte scenica cose come garage (il Piccolo), frantoi (il Purgatorio) e magazzini (Abeliano) ; più avanti sarebbe stata la volta di capannoni industriali (Kismet) e d’altri immobili d’incerta destinazione (l’Anfiteatro). Rimasto solo, raccolti intorno a sé un pugno di affidabili professionisti, nel 1991, il Nostro diede vita alla compagnia Manifattura Tabacchi. Nella doppia veste di capocomico e di direttore artistico, Colajemma si adoperò per imprimere il salto di qualità alla struttura. Dalla sua trovò subito un pubblico molto affezionato. Anche troppo. Questa fedeltà, infatti, condizionò molte scelte artistiche. Avesse potuto affrancarsi almeno in parte dalla farsa dialettale – che assicurava pienoni da posti in piedi – Colajemma avrebbe sondato di più il teatro d’autore. Quando vi si cimentò, raccolse meritati consensi. Forse con un cartellone più aperto sarebbe stato possibile ‘educare’ quel popolo di aficionados e incuriosirlo verso ciò che non fosse solo Manifattura Tabacchi. Ciò non avvenne e il Barium rimase habitat pressoché esclusivo del Nostro e compagni (i pochi di cui si fidasse). Tecnicamente Colajemma apparteneva alla categoria degli attori ‘d’istinto’. Nessuna Accademia l’aveva forgiato. La sua forza era un ‘sentire’ profondo che si traduceva in un carisma, in scena e dietro le quinte, di tutto rispetto. Leader per natura, era regista in campo, ma non prevaricava, lieto di riconoscere a ciascuno lo spazio meritato. Su quei trenta-quaranta metri quadrati di palcoscenico del Barium poteva muoversi bendato. Nulla gli sfuggiva di quanto accadeva in scena. Attento, sornione, astuto, sapeva dettare tempi. Sapeva soprattutto come prendere il pubblico, il quale non chiedeva di meglio.
Italo Interesse
Pubblicato il 20 Aprile 2021