Cultura e Spettacoli

Dauni o Peuceti, chi viveva a San Magno?

Prima dell’arrivo distruttivo dei Saraceni, un villaggio dovette prosperare nel territorio di Corato sino al secolo X

Due siti ravvicinati nel territorio di Corato si ricollegano a San Magno, un villaggio distrutto dai saraceni sul finire del secolo X. In un primo momento i sopravvissuti di San Magno provarono a ricostruire l’abitato, come testimonia l’omonima chiesa, un ben conservato tempietto in pietra a secco di cui si fa cenno nel IX volume del Codice Diplomatico Barese. Il tentativo dovette fallire poiché, a parte il suddetto luogo di culto, intorno allo stesso non si scorgono ad oggi rovine riconducibili ad alcun centro abitato. Il primo dei due siti di cui si diceva in apertura consiste in una vasta dolina chiamata Pescara degli Antichi. Nel punto più profondo di questo avvallamento si possono osservare i resti di una cisterna, un tempo totalmente ricoperta da una volta a botte. La Pescara degli Antichi deve il suo nome al fatto che lì da tempo immemorabile e sino all’ultimo dopoguerra andavano ad abbeverarsi greggi e mandrie. Tecnicamente, quella conca è uno stagno carsico. Poiché il fondo è coperto da uno strato di marna, una roccia sedimentaria con caratteristiche impermeabili, in quel sito le acque piovane continuano a raccogliersi (e quando le precipitazioni sono particolarmente copiose, l’acqua trabocca dalla cisterna e allaga l’intero sito). Per qualche millennio questo impluvio naturale ha rappresentato una delle maggiori risorse dell’Alta Murgia inducendo popolazioni a stabilirsi in quel comprensorio. Il secondo sito corrisponde ad una necropoli. I sepolcri documentati sono ottanta, tutti a tumulo, coperti in origine da larghe lastre di pietra calcarea. La vastità dell’area cimiteriale fa immaginare una popolazione che, grazie alla vicina ‘pescara’, dovette prosperare praticando la pastorizia, l’agricoltura e il commercio. Il presunto benessere di queste genti trova conferma nella ricchezza di quanto rinvenuto nel sepolcreto: oggetti in ferro e vasellame sia acromo che dipinto a figure geometriche, fibule e braccialetti a filo doppio. Il pezzo forte di questi corredi funerari, custoditi presso il Museo della Città e del Territorio di Corato, consiste in una coppetta di tipo greco orientale databile tra la fine del IV e l’inizio del VI secolo avanti Cristo. Si tratta di un prodotto d’importazione, o comunque d’imitazione locale, proveniente forse da Metaponto, all’epoca il più vicino emporio magno-greco. Ma chi viveva a San Magno, dauni o peuceti ? Essendo l’area ai confini di quelli che furono i territori delle due genti iapige, il dubbio è legittimo. Tornando alla chiesetta di San Magno, è interessante notare sulla facciata orientata ad ovest, a circa mezzo metro da terra, la presenza di un finestrone : esso consente l’accesso ad un sottano dalla volta a botte. Un tempo quel locale era preposto alla conservazione della neve. Quando non esistevano i frigoriferi (il che vuol dire sino alla fine dell’Ottocento), per conservare il pesce o preparare gelati si faceva ricorso alla neve. Ma dove trovarla in estate ? I nostri avi, ben più ingegnosi di quanto la nostra arroganza tecnologica consente d’immaginare, usavano stipare la neve in seminterrati o sotterranei dal pavimento isolato con uno spesso strato di paglia. Coperta superiormente da un secondo strato di paglia, la neve si conservava perfettamente. Con le stesse cautele, compressa dentro ceste di vimini ancora foderate di paglia, la neve raggiungeva intatta le località di mare. Lì veniva smerciata al minuto oppure era trasferita in altre neviere. A Bari, a due passi dalla Cattedrale esiste l’Arco della Neve, segno che sotto quelle volte un basso era adibito all’immagazzinamento della neve.

Italo Interesse


Pubblicato il 26 Maggio 2023

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