Cultura e Spettacoli

Davanti al plotone nacque il genio

Il 16 novembre 1849 il Tribunale Speciale di San Pietroburgo condannava a morte venti persone che facevano parte di un circolo antizarista.  Nella lista dei condannati compariva il nome di un astro nascente della letteratura russa, quello di Fëdor Michajlovi? Dostoevskij, già autore di ‘Povera gente’, ‘ Il sosia’ e ‘Le notti bianche’. Ma quando già i poveretti erano legati al palo per l’esecuzione che doveva avvenire mediante fucilazione, giunse la grazia dello Zar, che mutava la condanna in lavori forzati “a tempo indeterminato”. Una farsa macabra che costò la ragione a uno di quegli sventurati. Il trauma provocò invece in Dostoevskij l’insorgere di una forma di epilessia che ne avrebbe condizionato pesantemente il resto dell’esistenza e di cui si sarebbe trovata traccia in ‘L’idiota’. Ma fu sul piano psicologico che la tremenda esperienza lasciò le tracce più profonde. Dostoevskij si dichiarò sempre contrario alla pena di morte. Esemplari in tal senso sono un passo de ‘L’idiota’ : “A chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante : Se potessi non morire, se potessi far tornare indietro la vita, quale infinità! E tutto questo sarebbe mio! Io allora trasformerei ogni minuto in un secolo intero, non perderei nulla, terrei conto di ogni minuto, non ne sprecherei nessuno!”. La stessa tensione emotiva traspare in un passo di ‘Delitto e castigo’ : “Dove mai ho letto che un condannato a morte, un’ora prima di morire, diceva o pensava che, se gli fosse toccato vivere in qualche luogo altissimo, su uno scoglio, e su uno spiazzo cosí stretto da poterci posare soltanto i due piedi, – avendo intorno a sé dei precipizi, l’oceano, la tenebra eterna, un’eterna solitudine e una eterna tempesta – e rimanersene cosí, in un metro quadrato di spazio, tutta la vita, un migliaio d’anni, l’eternità – anche allora avrebbe preferito vivere che morir subito? Pur di vivere, vivere, vivere! Vivere in qualunque modo, ma vivere!… Quale verità! Dio, che verità! È un vigliacco l’uomo!… Ed è un vigliacco chi per questo lo chiama vigliacco”. Un volta graziato, Dostoevskij venne deportato in Siberia e rinchiuso nella fortezza di Omsk (la seconda drammatica esperienza gli avrebbe suggerito anni dopo ‘Memorie dalla Casa dei Morti’). Nel febbraio del 1854 lo scrittore venne liberato per buona condotta e arruolato nell’esercito come soldato semplice del 7° Battaglione Siberiano. Solo il 18 marzo 1859 fu congedato. Dopo dieci anni di inferno gli era concesso di rientrare nella Russia europea.

Italo Interesse 


Pubblicato il 16 Novembre 2016

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