Sport

Davide De Zan per ricordare (e onorare) Marco Pantani

Martedì scorso, a Noci, Davide De Zan, noto giornalista sportivo Mediaset, ha trovato ad accoglierlo una piazza piena. Piena di gente curiosa, gente in cerca di conoscenza, gente in cerca di verità. Grazie all’iniziativa non solo del Comune di Noci e della federazione ciclistica italiana ma anche di molte associazioni, De Zan – figlio dell’indimenticabile Adriano – è venuto in Puglia non solo per presentare il suo ultimo libro-inchiesta («Pantani è tornato. Il delitto, il complotto, l’onore», edizioni Piemme), ma anche per ridare onore al Campione. O almeno quella dignità che gli è stata tolta quando è morto entrambe le volte. Sì, perché De Zan è convinto: «Marco è stato ucciso due volte», a Rimini e a Madonna di Campiglio.
Ma Davide non è stato solo il cronista delle imprese del Pirata, è stato anche suo amico, suo carissimo amico, tanto che fra i due spesso bastava un’occhiata per capirsi e parlarsi. Anche per questo si è sentito in dovere di dare una mano a mamma Tonina e all’avvocato De Rensis e, dopo un anno di ricerche, interviste e investigazioni, ha deciso di pubblicare la sua inchiesta per ricordare e fare luce sulla fine ingloriosa del campione: «io sono qui che lo aspetto tutti i giorni. Il dolore più grande è di rendermi conto che non c’è più».
Il libro-inchiesta del giornalista milanese corre veloce, schietto, semplice ed emotivamente forte e coinvolgente. Un libro che “corre”, proprio come una bicicletta, in chi ha l’onore di averlo tra le mani. Un libro-inchiesta pieno di sentimento, affetto, nostalgia presentato a Noci con un misto di commozione e orgoglio.
De Zan, nel libro come con le parole, ha smentito e divelto le tesi ufficiali, sia quella di Madonna di Campiglio che quella del suicidio nel residence di Rimini: «quelli sono entrambi due delitti, il primo sportivo, il secondo umano. Mai, mai Marco si sarebbe tolto la vita. Troppe cose non tornano sulla scena del delitto come nella ricostruzione delle vicende di Madonna di Campiglio. Marco aveva una luce negli occhi che illuminava tutti, una luce che si è spenta a Madonna di Campiglio. L’ho capito perché lui, rialzatosi così tante volte e con così tanta forza e determinazione quella volta mi disse: “Davide, stavolta non ce la faccio”».
Chi legge il libro non può non immedesimarsi nell’avventura di Davide, nel suo tentativo di trovare la verità, nel suo tentativo di ridare dignità all’uomo e al campione, nel suo “amore” per il Pirata. Un amore che milioni di persone in Italia nutrivano e nutrono ancora per quel ragazzino con la bandana in testa che faceva sognare, con le sue scalate, una marea di appassionati, di sport e di ciclismo: «Marco veicolava passione, ecco perché oggi siamo qui, perché Marco è arrivato al cuore di tutti noi».
De Zan durante la serata non ha parlato solo del libro, ha parlato anche dell’amicizia con Marco, del loro rapporto che esulava i loro mestieri e i loro ruoli, di episodi di vita vera: dalla adolescenza “irrequieta” del Pirata alla vittoria della maglia gialla a nove minuti di distanza dal tedesco Ullrich nel 1998, dalla vergogna del delitto di Madonna di Campiglio alla brutale uccisione nel residence di Rimini il 14 febbraio di 11 anni fa: «La luce degli occhi di Marco è scomparsa a Madonna di Campiglio, da cui è diventato tossico-dipendente per anestetizzare quel dolore che aveva nel cuore perché accusato ingiustamente», perché Marco non era un falso, ed era davvero pulito a Madonna di Campiglio: le testimonianze, le prove e i fatti raccontati da De Zan (anche nel suo libro) ne sono la prova inconfutabile; solo un cieco – o un corrotto d’animo – dopo aver letto il libro non capisce la verità. O almeno inizia a nutrire qualche dubbio su quella “ufficiale”.
Lo dimostra il fatto che grazie al lavoro di un giornalista, di un avvocato e di una mamma che è sopravvissuta al figlio e non sa ancora come è morto, ben due sono le inchieste che la Magistratura ha riaperto (quella di Rimini per omicidio colposo). Forse saranno chiuse a breve, ma già è un significativo passo avanti che certo non potrà che avere importanti conseguenza nella ricerca della verità.
Il racconto di De Zan è incalzante, diretto e semplice, come le pagine del suo libro, tanto che riesce a coinvolgere attivamente il pubblico con opinioni e domande, come aveva chiesto a inizio serata: racconta della deplasmazione, dell’intervista a Vallanzasca, delle assurde indagini svolte a Rimini, risponde alle domande, dialoga con il pubblico come davanti a un bar e racconta di Marco: «lui era un fenomeno!».
Ci si riesce a immedesimare nella rabbia provata da De Zan dopo la morte del Pirata e della sua continua ricerca di verità perché siamo stati un po’ tutti amici di Marco.
«A Pantani non è stato concesso il diritto del dubbio», cosa più unica che rara in Italia.
Noi crediamo a Marco. E Parliamo.
Ciao Pirata!

Davide Impicciatore


Pubblicato il 1 Settembre 2015

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