De viri laudatione
Se Si Muore a 72 anni, improvvisamente, dopo una Vita Vissuta, semplicemente, unicamente, da Uomo, senza luci della ribalta, senza greche, orpelli di alcun genere e rilievo, si è, forse, meno Degni di essere Ricordati, oltre la stecchita cerchia dei parenti, degli amici, dei conoscenti, di chi, grazie a coincidenze fortunate, “sed etiam” per capacità e talento personale, si accampa nell’empireo della notorietà nazionale e internazionale ? In questi giorni, ad esempio, i “media” italiettini hanno fatto a gara nel celebrare, “agiografare” giorgio faletti: un buon ex cabarettista, un mediocre cantautore, un altrettanto mediocre scrittore di libri gialli. E, pur, ha venduto agli stolti (compresa una mia nipote) 4 milioni dei suoi non – libri, dei suoi non – romanzi! Ho Ripreso l’ ”E, pur,” di Galilei che di fronte alla cecità degli inquisitori della curia papale, negatori di ciò che Egli Vedeva con il cannocchiale, Sbottò, nonostante il suo corpo malmenato dalle sacre torture, con la nota Affermazione che, contrariamente, a ciò che affabulava l’immagine biblica (“Fermati o Sole”) fosse la Terra a muoverSi, non il Sole. I ciechi si trovano per o in ogni dove: tra i cattivi lettori e i cattivi ricercatori della Verità! Ritornando a noi, non è vero che i libri non si vendono, mentre è vero che si vendono i cattivi libri, la robaccia, come quella del santificato faletti. Il declino dell’italietta è certificato dai nomi di personaggi insignificanti con cui il “mediume” dello stivale è stato, è costretto a fare i conti per stupire i servi della gleba: se, infatti, “his diebus” fossero stati, ancora, in Vita Pasolini, Moravia, Parise, Sciascia, Morante, faletti sarebbe stato sepolto con gli applausi dei soli becchini incaricati di coprirlo di terriccio. Intanto, cosa Significa “Vivere da Uomo”? Per carità, non la vita del piccolo ”travet” tutto casa, chiesa, lavoro, così normale, così abitudinaria tanto che il povero bossetti, l’incolpato del delitto di yara gambirasio, si presume l’abbia lacerata e si sia strappato da una camicia di forza che, inconsapevolmente, aveva accettato ritmasse con i suoi “dictat” gli istanti, le ore, i giorni della sua esistenza! Allora,”Vivere da Uomo”, Ripeto, ci viene Spiegato da due Scrittori: dal Triestino Italo Svevo (1861 – 1928) e dall’Austriaco Robert Musil (1880 – 1942). Premetto che sia Svevo, sia Musil, se si tenesse conto della loro Anagrafe, testé accennata, Vissero in due società i cui valori, diciamo, erano la copertura ideologica di due imperialismi contrapposti che portarono per Svevo l’italietta alla prima guerra mondiale; per Musil l’austria alla prima e alla seconda guerra mondiale. Vogliamo riassumerli, indicandoli, codesti valori ? Ebbene, dio, patria, famiglia! Ciò che Accumuna Zeno Cosini de ”La Coscienza di Zeno” di Svevo e Ulrich de “L’uomo senza qualità” di Musil è la “Inettitudine” dei due Uomini ad adeguarSi, ad integrarSi in due società che Essi Scoprono malate, mentre i coristi nelle o delle due società considerano Essi disintegrati, inadeguati, malati. Essi sono, assolutamente, non consonanti col senso comune: nell’amore, nel rapporto con i famigliari, con gli amici, conoscenti, nel lavoro. Essi sono in perpetua Ricognizione di un originale, singolare, irripetibile Senso da Attribuire alla Vita, alla Realtà. Inoltre, a tale faticoso Viatico verso il Significato, il Senso, che è, poi, la Teleologia, dell’Esistere ostano sia la morale laica che quella religiosa che non possono essere per Essi di valido aiuto, punto di inossidabile riferimento, in quanto sovrastrutture di strutture sociali, economiche, politiche verso le quali, quanto meno, Essi Si dimostrano indifferenti, se non, affatto, oppositori. Sono due Uomini tanto Ricchi, intellettualmente, quanto “senza qualità” necessarie per essere compresi, tollerati dai loro contemporanei nei cui riguardi Si Mostrano, diuturnamente, Ironici, Corrosivi. Non è che Essi siano stati due santi: hanno commesso una caterva di errori, sono stati mariti, amanti infedeli, hanno sperperato fortune e denari, “sed” dal bilancio dello scorrere dei loro anni non possono non Concludere che ”la vita attuale è inquinata alle radici e che rendersene conto è segno di salute, non di malattia”. In più, rispetto a Urlich di Musil, Zeno Cosini ha il vizio del fumo, dal quale non riesce a liberarsi, sebbene Egli abbia fatto di tutto, abbia tentato con mille espedienti di scrollarsi di dosso il tabagismo. Una data, un anniversario, il cambio annuale di stagione costituivano il “rubicone” che non doveva essere oltrepassato: sulla riva di esso con tutta la voluttà possibile, avendo promesso a se stesso che dovesse essere l’ ”ultima sigaretta”, Zeno consumava un ulteriore pezzetto della sua Vita, ché i buoni propositi di volerSi bene venivano meno in quanto era in grado, dopo un ulteriore “oltrepasso” del “rubicone”, di esperire altre circostanze, che Egli avrebbe ritenuto importanti, per “festeggiarle”, onorarle con un’ ”ultima sigaretta”. Insomma, sia Svevo che Musil sconvolgono il rapporto tra normalità e Anormalità, tra attitudine e Inettitudine, tra adeguatezza e Inadeguatezza: le Seconde Opzioni della triade Si Configurano come Condizioni Esistenziali Aperte, Disponibili ad ogni Forma, Possibilità di “Cambiamento”, quindi, sono Indizi di Sanità Psicologica e Caratteriale; le prime opzioni della triade, invece, offrono la diagnosi di una patologica chiusura mentale con l’effetto della “immutabilità” dell’individuo. Orbene, miei cari 25 Lettori, Parlando di Zeno Cosini e di Urlich, non ho Fatto altro che “Erigere il Monumento alla virtù sconosciuta” (per Dirla con il Foscolo dell’ ”Incipit” del suo Romanzo Epistolare “Jacopo Ortis”) del mio Amico Domenico, detto Mimmo, Rossiello. Non ho Preposto al sostantivo Amico alcun aggettivo qualificativo, se non il possessivo mio, ché con gli Amici si è concordi e, non di rado, discordi e, soprattutto, con Essi, per Essi si Usa la tecnica di OsservarLi, di GuardarLi a rispettabile distanza, come per un quadro, per CoglierNe tutta intiera la Rappresentazione del loro Essere al Mondo per un motivato, se fosse necessario, nostro Contributo Critico al Miglioramento di Essa. Guai, se dovessimo appiattirci sugli altri, identificarci con gli’ “objet”che ci stanno di fronte, siano essi animati, che inanimati, perderemmo la capacità, la possibilità di stabilire rapporti dialettici con essi, di compitarne il Valore e le umane imperfezioni. Si stava bene con Mimmo: Uomo dalle non poche vocazioni, non sempre, completamente, esplicitate, “tamen”, positive come Esperimenti di Arricchimento Spirituale e Culturale: adolescente fu affascinato dalla vita e dalla regola di san benedetto e, quindi, ospite dei benedettini nella comunità monastica allocata nell’abbazia madonna della scala in noci. Forse, da questa adolescenziale non matura vocazione al “monacato” scaturì la sua sconfinata Passione per la Lettura, giammai, abbandonata, non “normale”, potrei Dire, in un giovane cresciuto in un ambiente famigliare, amicale, per ragioni sociali, economiche, non educato alla Lettura. Passione per i “Libri” che Mimmo, ancora una volta, fuori dalla normalità del coro, da Padre, che non preferisce figli calciatori o tronisti o urlatori “pop”, Trasferisce al Figlio Gianluca che con tanto coraggio, con severe preoccupazioni Attiva, addirittura, una Libreria nel centro storico di bitonto non dispensatrice di eccessivo “pane”, ma diventata, ormai, un Laboratorio Culturale di Nazionale Rinomanza. A prima vista, ove si consideri la Vita di Mimmo, superficialmente, Egli potrebbe essere definito, per le sue responsabilità, per le alee di negatività che possono sorprenderci in ogni momento, lo Sconfitto, il Perdente, ma lo Sconfitto, il Perdente Autorevole (dal Lat. “augeo”, cioè, Colui che è abile nel Crescere e nel far Crescere), Saggio, Raffinato Analista, amabile Percettore dei crucci di ciascuno e di tutti. Dagli errori, in cui è incorso Mimmo, è Sortito l’Aumento della sua Intellettualità, della sua Sensibilità umana. A differenza di Zeno Cosini di Svevo, Mimmo non pensò, mai, fino all’ultimo, d’imporSi limiti al consumo di sigarette, né tollerò che altri glieli imponessero. Nelle volute ascensionali del fumo Egli Liberò con Dignità i Sogni svaniti, le Ambizioni frustrate. Per come, per quanto IO L’abbia Conosciuto, Mimmo non era credente, tanto meno cattolico (per questo i suoi funerali cattolici, se Mimmo avesse avuto il tempo e la Lucidità Mentale di Dare Disposizioni in merito, non Credo li avrebbe approvati; in ogni caso, Salutare Mimmo, ospitato nello splendido manufatto dell’XI secolo di san leone magno, perfettamente, tenuto dai frati minori osservanti, è stata un’ occasione eccezionale per il Rimembrare doloroso l’Uomo, che più non E’, in uno Scenario di forte Spessore Artistico e Storico), eppure, da lunga pezza, Coltivava la “Fraternità” con un prete le cui rilevanti doti umane, intellettuali, la prontezza nell’ascolto Egli non perdeva il destro di magnificare. Amico Mimmo, TI Saluto; Sono Ateo e MI dispiace di non poterTI augurare la gloria dei cieli, accanto a dio, ma TI Auguro di DissolverTI in quella Beatitudine, in cui MI Dissolsi IO, quando il mio cuore, per non so quanto tempo, si arrestò in seguito ad un infarto. Provai cos’è, forse, la Morte: indicibile, inenarrabile, ineffabile Beatitudine. E Così Sia per TE !
Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano
pietroaretino38@alice.it
Pubblicato il 15 Luglio 2014