Da improvvisa “stella” della politica barese e (con la successiva nomina a presidente dell’Anci) nazionale, il sindaco di Bari, Antonio Decaro (Pd), potrebbe ben presto diventare un “meteorite” del panorama politico pugliese. Infatti, il Primo cittadino del capoluogo pugliese, a causa dei recenti rimescolamenti che stanno interessando l’intera coalizione di centrosinistra a livello nazionale, ma soprattutto per la rottura di certi equilibri politici locali, rischia una rapida “metamorfosi” di carriera politica, però di senso contrario, al pari di quella che per un decennio, ovvero dalla seconda metà del 2004 fino a giugno del 2014, lo ha visto passare improvvisamente da anonimo cittadino, noto solo come figlio di un ex consigliere comunale socialista di Bari dei tempi del pentapartito, ad assessore esterno alla Mobilità della prima giunta Emiliano, in quota ai “socialisti autonomisti” di Alberto Tedesco. Poi, ad eletto nel Pd, prima alle comunali baresi del 2009, con oltre 2500 preferenze, e nel 2010 con circa 15mila voti alla Regione. Dove l’attuale Primo cittadino barese assunse da subito anche la carica di capogruppo. Ruolo, quest’ultimo, svolto da Decaro fino alle politiche di febbraio 2013 quando, avendo ottenuto dall’allora segretario del Pd, Pierluigi Bersani, il via libera a partecipare alle primarie per il Parlamento ed avendole vinte, fu inserito nel lista pugliese del Pd per la Camera in posizione sicura per l’elezione a Montecitorio. E l’anno successivo, ovvero nel 2014, l’ex assessore di Emiliano ed ex capogruppo del Pd nell’Aula di via Capruzzi, da deputato novizio, approdato alla corte dell’allora neo segretario Matteo Renzi, scese anche in pista per conquistare la poltrona più alta del Palazzo comunale barese di corso Vittorio Emanuele. Candidatura, anche questa, perfettamente riuscita a Decaro, che da allora si fa spacciare in Puglia pure come un “renziano” della prima ora, ben accreditato a livello romano nella corrente dell’ex premier e segretario del Pd, al punto da essere stato preferito, nell’ottobre del 2016, da Renzi alla guida dell’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) al sindaco renziano di Pesaro, Matteo Ricci, che rinunciò a correre per tale incarico proprio per lasciare incontrastata la candidatura a presidente dell’Associazione il Primo cittadino barese, fortemente sponsorizzato dall’allora premier e segretario del Pd. Insomma, una carriera politica rapidissima quella del sindaco Decaro e tutta in ascesa. Però, come era solito ricordare un ex ministro socialista barese che gli alti e bassi in politica li aveva vissuti sulla propria pelle in quasi mezzo secolo di attività, la “ruota gira” ed anche la “parabola politica” non ha mai un solo ramo, per cui è possibile che anche per il sindaco Decaro gli eventi nazionali del centrosinistra e quelli locali all’interno della coalizione che lo ha fatto vincere nel 2014 possano determinare, con la stessa rapidità dell’ascesa, una sua caduta politica nel capoluogo. Infatti, a sentire qualche bene informato sulle vicende interne alla coalizione che lo sostiene nell’aula “Dalfino”, la riconferma di Decaro a candidato sindaco nel 2019 è un fatto scontato, però non è affatto scontata la sua rielezione che – a quanto pare – starebbe diventando sempre più difficile, sia per ciò che sta accadendo a livello nazionale all’interno dell’area di centrosinistra, sia per la rottura di certi schemi verificatasi a livello locale nel corso di questi tre anni, ovvero da quando Decaro ha conquistato la poltrona di Primo cittadino. Ma c’è di più. Ad aumentare l’incertezza sulle possibilità di riconferma di Decaro a sindaco alla scadenza del mandato nella primavera del 2019 c’è – a detta di molti baresi – soprattutto il malcontento che la sua Amministrazione sta generando in diversi quartieri della città, per la superficialità finora dimostrata nella gestione del Comune, oltre che per alcune scelte rivelatesi poi fallimentari o sgradite ai cittadini, che in definitiva sono quelli che di tali interventi operativi beneficiano o patiscono le conseguenze. Infatti, “di esempi della sciatteria gestionale di questa Amministrazione – ha affermato un cittadino barese deluso di Decaro – se ne possono fare parecchi”. Però, lo stesso ci ha tenuto più ha precisare che “per il buon governo di una città non è sufficiente aprire cantieri e fare opere”, come sta facendo il sindaco Decaro, perché “occorre soprattutto vedere la priorità e qualità degli interventi”. Ed ha poi concluso: “La mia impressione è che, così facendo, Decaro spende e spande denaro pubblico perché forse ci tiene più ad apparire un buon sindaco che esserlo realmente”. Ma forse non è neppure così, perché a sentire alcuni cittadini, soprattutto quelli residenti nelle periferie, i motivi del malcontento nei confronti dell’Amministrazione barese, ed in particolare del sindaco, sono molteplici e vanno dai disservizi del Comune, che in taluni settori anziché diminuire sono aumentati, alle opere e manutenzioni non realizzate, o effettuate male. Fino ad evidenziare taluni casi di perenne e persistente degrado urbano, che Decaro dichiara di voler combattere, ma evidentemente solo a parole. Perché in concreto la realtà di Bari è altra. In ogni caso, la data per rinnovo del mandato a Decaro è ancora lontana (maggio/giugno del 2018) e – come è noto – gli umori degli elettori sono mutevoli, come mutevoli sono gli scenari della politica. Per cui è sicuramente prematuro azzardare ipotesi attendibili. Infatti, ora, di certo in città ed al Comune soprattutto c’è soltanto che molte cose non vanno come dovrebbero. Ma questo non è un mistero neppure per alcuni di coloro che il sindaco Decaro lo sostengono in consiglio e nel 2014 hanno contribuito a farlo vincere. “E, in futuro, – ha assicurato uno di questi – di certo non sarà più così!”
Giuseppe Palella
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