Decaro giustifica i ritardi al “Piccinni” dimenticando il mancato “servizio fontane”
Il Primo cittadino di Bari, Antonio Decaro, nell’annunciare la ripresa dei lavori di restauro del Teatro “Nicolò Piccinni”, ha discolpato l’Amministrazione comunale del notevole ritardo accumulato nell’esecuzione delle opere previste per rendere parzialmente agibile la struttura, affermando che il cantiere è rimasto fermo quasi due anni per un ricorso al Tar e poi al Consiglio di Stato, tra le imprese che avevano partecipato alla gara d’appalto del secondo lotto di interventi. Infatti, il sindaco Decaro ha chiarito che sono trascorsi 537 giorni dall’aggiudicazione della gara da parte del Comune, senza che l’appaltatore potesse procedere con i lavori, la cui durata era prevista in 400 giorni. Quindi, ha rilevato il sindaco, se non ci fosse stato il ricorso, i baresi avrebbero già potuto usufruire del Teatro Piccinni da ben 137 giorni. Ma un cittadino barese, apprendendo i dettagli di tale notizia, ha sarcasticamente commentato: “Peccato che Decaro addebita alle lungaggini giudiziarie la colpa del ritardo nell’entrata in esercizio dell’importante contenitore teatrale comunale, però dimentica le responsabilità della sua Amministrazione per alcuni altri disservizi alla città”. A cosa si riferisse questo cittadino è presto detto. Infatti, continuando nel discorso lo stesso ha ricordato lo stato di degrado ed abbandono in cui versano le fontane monumentali ed ornamentali baresi che, tranne qualche breve parentesi nello scorso mese di marzo ed un’altra di pochi giorni nel successivo mese di maggio, quasi tutte le suddette fontane sono rimaste spente a causa dell’annullamento da parte del Tar-Puglia, la scorsa primavera, del bando comunale di gara per l’aggiudicazione del servizio di pulizia e manutenzione ordinaria e straordinaria delle citate fontane. Un annullamento determinato non certo per colpa dell’impresa che aveva fatto ricorso ai giudici di piazza Massari, ma – come si ricorderà – del Comune che, tra l’altro, è stato anche condannato alle spese processuali, oltre che alla conseguente pubblicazione di un nuovo bando di gara ed all’interruzione immediatamente del suddetto servizio, già affidato da alcune settimane alla ditta vincitrice del bando annullato. “Sta di fatto – ha rilevato sempre lo stesso cittadino – che a tutt’oggi le fontane ornamentali baresi, con la sola eccezione di quella monumentale di piazza Aldo Moro, e molte delle storiche fontane a colonna in ghisa, da cui si attinge acqua potabile soprattutto per dissetarsi durante la stagione calda in strada, nelle piazze o giardini dove sono dislocate, sono da tempo fuori servizio”. Ma, oltre ai disagi ai cittadini che non possono usufruire da tempo di detto utile servizio idrico stradale, c’è di più. Infatti, come abbiamo già reso noto con un nostro precedente articolo, le vasche delle fontane monumentali ed ornamentali baresi a secco si presentano da mesi come dei veri e propri ricettacoli di rifiuti urbani, poiché in esse compaiono carte, bottiglie di vetro o plastica, lattine vuote d’alluminio di bibite e, soprattutto, pacchetti vuoti di sigarette e talvolta finanche carcasse di volatili in putrefazione. Insomma, quelle che dovrebbero essere delle strutture di arredo e decoro urbano a Bari, negli ultimi tempi si presentano come il simbolo del degrado e dei disservizi diffusi della città. Ed approfondendo le ragioni e responsabilità di tale situazione si scopre che il Comune è dallo scorso 6 Aprile, ossia da quando è stata pubblicata la sentenza del Tar-Puglia che ha annullato il bando di gara viziato di tale servizio, non riesce ancora ad emanarne un altro. Fatto, questo, alquanto singolare, visto che – a detta di molti esperti in materia – trattasi di attività di servizi ormai consolidati per l’amministrazione barese e che, quindi, non dovrebbero presentare particolari difficoltà nella predisposizione del relativo capitolato d’appalto e quant’altro ad esso connesso. “Eppure – ha esclamato un cittadino bene informato sulla vicenda – è da un anno esatto che (ndr – tranne una parentesi di una ventina di giorni a marzo e di qualche settimana a maggio scorso) quasi tutte le fontane monumentali ed ornamentali cittadine sono rotte o spente”. Ma di tale visibile e vergognosa situazione di degrado e disservizi, in una città capoluogo di regione qual’è Bari, il sindaco Decaro, preso forse dai tanti impegni anche di sindaco della Città metropolitana e di presidente dell’Anci, non si è ancora accorto o gli è sfuggita. Infatti, verrebbe da pensare che se così non fosse, probabilmente non si sarebbe neppure lamentato delle lungaggini dovute ai ritardi nell’esecuzione dei lavori di restauro al Teatro Piccinni, visto che in qualche caso (come quello innanzi riferito del servizio manutenzione fontane) a determinare i ricorsi al giudice amministrativo talvolta è stata la stessa Amministrazione comunale barese, che è incorsa in marchiani vizi nella elaborazione del bando o del relativo capitolato. Errori e vizi, da augurarsi, casuali ed involontari. Perché diversamente, in molti cittadini o esperti della materia, potrebbe anche sorgere il sospetto che la causa principale degli incomprensibili ritardi nell’espletamento di determinate gare o affidamenti, (e che creano anche notevoli danni d’immagine alla città, oltre che di funzionalità a ciò che dovrebbe essere il normale e regolare andamento amministrativo) potrebbe essere il fatto di voler “adattare” vestiti di una determinata misura a chi detta “taglia” non la ha. Ed in questo caso il degrado e le disfunzioni non sarebbero certo dovute a negligenze o ad incapacità amministrative che forse, a Bari, pure non mancano. Ma a chiare e più che evidenti opacità gestionali.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 1 Dicembre 2017