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Decaro smentisce l’incontro col fratello del boss di Japigia: “Continuano a calunniarmi”

Immediata la smentita dell'ex sindaco di Bari, che però ora dovrebbe fare chiarezza almeno con una denuncia nei confronti di chi lo accusa di un fatto non vero

Il collaboratore di giustizia Nicola De Santis insiste con la sua versione su un presunto incontro che l’ex sindaco di Bari ed ora eurodeputato del Pd, Antonio Decaro, avrebbe avuto in passato con Massimo Parisi, fratello di Savino, noto boss del quartiere Japigia di Bari. L’incontro – a detta del pentito – risalirebbe ad almeno 14 anni fa, ovvero a quando Decaro era delegato alla Mobilità e Trasporti urbani dell’allora sindaco di Bari, Michele Emiliano, ma che Decaro – come è noto – ha sempre negato essere avvenuto. Infatti, in una recente udienza del processo nato dall’inchiesta “Codice interno”, che ha svelato presunti legami tra mafia, politica e imprenditoria cittadina, portando la scorsa primavera a 130 arresti ed all’invio da parte del Viminale di una commissione d’accesso agli atti per verificare eventuali infiltrazioni mafiose al Comune di Bari, il pentito De Santis ha ripetuto la sua versione sul presunto incontro che l’ex sindaco  Decaro avrebbe avuto in passato con il fratello del boss di Japigia, confermando in toto quanto aveva già dichiarato agli inquirenti in sede d’indagine. Immediata la reazione dell’ex Primo cittadino barese, Decaro, che, appena avuta notizia su quanto dichiarato anche in Aula da De Santis, ha affermato: “Ci hanno già provato in tutti i modi. Ci provano ancora ad intimidirmi con calunnie e diffamazioni. Sono costretto a ripetere che gli esponenti del clan Parisi li ho incontrati soltanto nelle aule di Tribunale, dove io rappresentavo con orgoglio la mia città, da sindaco, e loro erano imputati, grazie anche alle denunce che io stesso avevo fatto”. Pertanto, ha proseguito il neo europarlamentare Dem, “trovo assurdo dover tornare per l’ennesima volta su una vicenda peraltro già archiviata dalla Procura di Bari, ma io non mi stancherò mai di combattere. La verità è la mia forza e continuerò a ripeterla a testa alta e senza paura”. In aula il pentito ha confermato anche le presunte pressioni che venivano fatte sul direttore dell’Amtab (l’Azienda comunale barese di Trasporto urbano) per l’assunzione di persone vicine ai clan. Le dichiarazioni del pentito De Santis erano già finite nel provvedimento con cui il Tribunale di Bari, lo scorso 26 febbraio, ha disposto l’amministrazione giudiziaria, tuttora in corso, per l’Amtab e che ha portato al licenziamento dei dipendenti ritenuti vicini ai clan. “Massimo Parisi è entrato (ndr – nell’Azienda del trasporto pubblico barese) per politica” – ha raccontato De Santis, sostenendo anche che “prima del concorso era già dentro” l’Azienda, perché “il clan Parisi ha procurato voti alla politica, sia per il Presidente della circoscrizione che per la campagna elettorale al Comune”. A seguito di tali notizie, i parlamentari di Forza Italia in commissione Antimafia, Pietro Pittalis, Mauro D’Attis, Maurizio Gasparri, Pierantonio Zanettin, Giuseppe Castiglione e Chiara Tenerini, con una nota congiunta hanno dichiarato: “Dalle cronache giornalistiche si apprende che, in aula a Bari, il collaboratore di giustizia Nicola De Santis ha ribadito la sua versione dei fatti circa l’incontro con l’ex sindaco Antonio Decaro assieme a Massimo Parisi, il fratello del boss Savino”. “Fatti che – hanno sottolineato i componenti di Fi della commissione parlamentare Antimafia – se confermati, sarebbero ovviamente gravissimi”. Ossia “assunzioni nelle Aziende municipalizzate e voti dei clan alle elezioni comunali. Questioni su cui abbiamo sempre ritenuto giusto si andasse a fondo per tutelare la comunità barese e le istituzioni”. Per poi concludere che si tratterebbe di “un episodio che si aggiungerebbe all’incontro nella casa della sorella del boss e che confermerebbe il clima insano con cui è stata amministrata la città di Bari”. Motivi, questi, che hanno portato detti parlamentari forzisti ad annunciare che chiederanno all’Ufficio di Presidenza della commissione Antimafia di acquisire gli atti del processo relativi a tali fatti. Sullo stesso argomento è intervenuto anche il deputato barese Davide Bellomo (Lega), componente della commissione Giustizia della Camera,  che con una nota ha dichiarato: “Di fronte ad accuse reiterate così gravi, come quella di aver incontrato il fratello di un boss del clan Parisi e di aver trovato un accordo per un sostegno elettorale in cambio di un posto di lavoro in una azienda municipalizzata per il nipote di un noto esponente della stessa organizzazione criminale, ‘il non ancora candidato governatore’ Decaro non può e non deve limitarsi a una semplice nota stampa di smentita”, perché – a detta dell’on. Bellomo – per l’ex sindaco di Bari, di fronte a un’ipotesi di relazioni così pericolose, condite per di più da corruzione elettorale, “è necessario una sola cosa: denunciare per calunnia o diffamazione il pentito che fa affermazioni che gettano un’ombra sinistra sull’onorabilità di un uomo che si professa, fino a prova contraria, modello di legalità”. “Non abbiamo motivo di dubitare che – ha aggiunto inoltre il deputato barese del partito di Matteo Salvini – il pentito abbia testimoniato per due volte il falso, ma quello che stupisce è che il votatissimo europarlamentare del Pd non abbia avvertito l’esigenza, pur in presenza di una forse frettolosa archiviazione, di rivolgersi alla giustizia per tutelare la sua immagine da chi l’ha infangata”. Infatti, per Bellomo, “tutto il resto sono chiacchiere e cattivo melodramma”. In definitiva, per l’ex Primo cittadino barese, oggi componente del Parlamento di Bruxelles ed in predicato di candidatura alla Presidenza della Regione Puglia il prossimo anno, forse non è più sufficiente limitarsi ad una smentita dei fatti in cui è stato tirato in ballo dal pentito De Santis, ma si renderebbe invece necessario assumersi la responsabilità di fare chiarezza, con una denuncia per fatti non veri nei confronti di chi lo accusa di presunti rapporti con i clan per ragioni elettorali. Come forse necessario sarebbe anche che l’ex sindaco di Bari e Metropolitano facesse chiarezza in merito a talune nomine effettuate a suo tempo di persone vicine alla leader del partito civico “Sud al Centro”, Anita Maurodinoia, ed al marito, Sandro Cataldo, ed oggi – come è noto – entrambi al centro di vicende giudiziarie che riguardano anche uno degli enti partecipati dalla “Città metropolitana di Bari”, la Stp, proprio quando era a capo del Comune capoluogo e la Maurodinoia sedeva nell’aula “Dalfino”. Dove – come si ricorderà – era stata eletta la prima volta, nel maggio del 2014, nelle fila dell’opposizione di centrodestra, ma subito dopo, nel novembre del 2014, era passata in maggioranza a sostegno del sindaco Decaro, che si era reso artefice del passaggio nel centrosinistra dell’intero gruppo consigliare capeggiato da Maurodinoia. “A quali condizioni?” – si chiedono ora con stupore alcuni cittadini, alla luce di ciò che sta emergendo dalle cronache giudiziarie. Anche se in Italia è ormai noto che in politica “a non poter non sapere” era solo il defunto leader del vecchio Psi, Bettino Craxi.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 5 Dicembre 2024

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