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Decaro verso la decadenza da eurodeputato? Una questione non semplice per i giudici partenopei

Si discute oggi alla Corte d'Appello di Napoli il ricorso contro la presunta ineleggibilità a Bruxelles dell'ex sindaco di Bari

Inizia oggi a Napoli, innanzi alla V Sezione della Corte d’Appello partenopea, il processo civile a carico dell’ex sindaco Antonio Decaro, a seguito del ricorso promosso da un elettore (ndr – il barese Donato Cippone) della Circoscrizione meridionale per l’elezione degli euro parlamentari italiani e che paventa l’ineleggibilità del neo europarlamentare dem barese, in quanto la candidatura di Decaro sarebbe avvenuta in violazione ad una norma del DPR n. 361/1957 ed a cui rinvia la legge nazionale n.18 del 1979 (che regola a tutt’oggi le elezioni dei rappresentati italiani all’Europarlamento) per la definizione delle limitazioni di elettorato passivo nelle elezioni dirette anche per i deputati al Parlamento di Bruxelles. Come si ricorderà, la prima elezione a suffragio universale diretto dell’Europarlamento è avvenuta in Italia il 10 giugno del 1979 e da allora a regolare le modalità ed i limiti per le candidature a tale competizione è la citata legge del 1979. Ma veniamo al fatto. Come abbiamo già avuto modo di riferire in nostri recedenti servizi, il ricorrente (in analogia alle norme che regolano l’elezione al Parlamento italiano) contesta all’ex Primo cittadino barese, nonché contestualmente anche Capo della Città metropolitana barese (ex Provincia di Bari), le mancate dimissioni dalla carica almeno 180 giorni prima della scadenza naturale dell’euro Parlamento, come previsto dal citato DPR del 1957. Dimissioni che, se fossero avvenute, avrebbero comportato anche l’uscita di Decaro dalla presidenza dell’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) e da altri incarichi connessi, come ad esempio la presenza dello stesso nel Cda della Cassa Depositi e Prestiti. Cariche che Decaro, invece, ha continuato a ricoprire non soltanto nei mesi immediatamente antecedenti la sua candidatura ad eurodeputato, ma alla cui permanenza è rimasto – come è noto – anche dopo l’accettazione della candidatura e quindi durante tutto il periodo di campagna elettorale. Una permanenza che, oltre alla violazione di una possibile “par condicio” con altri candidati in corsa a giugno scorso per un seggio al Parlamento di Bruxelles, sicuramente lo ha avuto un’influenza sul risultato conseguito nelle urne, facendolo risultare – come è pure noto – il candidato più suffragato del suo partito, il Pd, non soltanto della sua Circoscrizione elettorale, ma a livello nazionale, avendo conseguito oltre 500mila voti. Ossia, addirittura più preferenze di quante ne hanno ottenute in altre Circoscrizioni sia la segretaria dei dem, Elly Schlein, che il presidente del partito, Stefano Bonaccini. D’altronde, che le mancate dimissioni di Decaro dalle cariche ricoperte a livello locale abbiano avuto un peso significativo nella sua elezione al Parlamento europeo è indiscutibilmente attestato dal fatto che non era mai accaduto che, in 45 anni di storia dall’introduzione diretta dell’Europarlamento, un candidato sarebbe potuto essere eletto già con i soli voti di preferenza ottenuti in una sola provincia, quella di Bari per l’appunto, come è accaduto per Decaro a queste europee, avendo conseguito solo nel barese circa 200mila consensi, di cui circa 45mila nella sola città di Bari. Un record che neppure i “preferenzifici” della famigerata Prima Repubblica erano riusciti ad eguagliare. Ma andiamo ai fatti di causa. Decaro, oggi alla Corte d’Appello di Napoli, è difeso da un collegio di avvocati capeggiato dalla prof.ssa barese Marida Dentamaro, che nella comparsa depositata lo scorso 12 settembre sostiene l’infondatezza in diritto del ricorso di Cippone, che – come abbiamo riferito anche in un precedente servizio – è assistito anch’egli da due noti amministrativisti baresi, Giuseppe Mariani e Marco Cornaro, che a loro volta, nella controreplica alla difesa di Decaro, hanno controbattuto alle ragioni di infondatezza eccepite dalla collega Dentamaro. Nella sostanza i difensori di Decaro che il rinvio dell’art. 51 della L. 18/’79 non comprenderebbe l’art,7 del DPR 361 del 1957. Ed al riguardo viene citato un emendamento parlamentare del 2004 che prevedeva l’esplicitazione delle cause di ineleggibilità a completamento della legge 18 del 1979, ma che il Legislatore avrebbe respinto. Inoltre, la difesa di Decaro sostiene, nella comparizione già depositata, che il Legislatore del 1979 non avendo previsto in maniera espressa le cause di ineleggibilità per i candidati all’Europarlamento, queste non possono essere applicate in via analogica a quelle per i candidati al Parlamento nazionale. E qualora lo fossero non potrebbero essere applicate ex post, ossia ad elezione avvenuta, ma solo ex ante, ovvero dovevano essere eccepite prima delle elezioni. Come finirà? Difficile prevederlo, poiché il caso sollevato dal barese Cippo non ha precedenti giuridici al riguardo e la “battaglia” legale è appena iniziata. Di certo c’è che l’ex primo cittadino barese, etichettato con l’appellativo di “mister preferenze” dopo lo strepitoso successo elettorale dello scorso giugno, rischia la decadenza da eurodeputato qualora i giudici della Corte d’Appello partenopea dovessero dar ragione a Cippone. Ma, in un caso o nell’altro, la battaglia legale quasi sicuramente continuerà in Cassazione. Poiché solo la Suprema Corte potrebbe mettere la parola “fine” ad una questione che giuridicamente si presenta incerta (forse non troppo!), ma che per la “politica”, se il ricorso di Cippone fosse accolto in via definitiva, sarebbe sicuramente un fatto eclatante. Soprattutto perché (in questo caso!) a violare le regole potrebbe essere stato uno di quei politici, l’ex sindaci Decaro per l’appunto, che della “legalità” ne fa una bandiera soprattutto quando sono gli avversari a violarla, mentre quando a rivendicarne l’applicazione sono questi ultimi, allora trattasi presumibilmente di “atto di guerra”. Ovviamente “politica”.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 24 Settembre 2024

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